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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

 Natalia Gozzano

All’indomani della clamorosa svolta da parte del PDL che, contrariamente a quanto annunciato in precedenza, il 2 ottobre 2013 votava la fiducia al governo Letta, il quotidiano spagnolo El Pais pubblicava in prima pagina una serie di fotografie con il titolo ‘Las caras de Berlusconi’ (Le facce di Berlusconi) fig. 1. Quelle immagini, così efficaci nella loro pregnanza icastica, comunicavano in modo semplice e netto il senso di sconfitta di un uomo che proprio sul suo aspetto aveva basato gran parte della sua strategia politica.

La comunicazione non verbale è sempre stata, dai tempi della mousiké  greca (l’unione di musica, teatro e danza) il comune terreno di riferimento attraverso il quale le arti mimetiche hanno dialogato con il pubblico. Proprio in quanto basate sulla mimesi, sin dall’antichità si è riconosciuta all’arte la straordinaria capacità di comunicare e commuovere (Tamburini). Il gesto naturale dell’appoggiare la mano alla testa è, infatti, assunto a immagine canonica, o “schema”, della malinconia (figg. 2-3).

Lo studio del corpo umano e del suo movimento sono alla base dell’ampio repertorio di Schemata e Pathosformeln – cioè figure, gesti, atteggiamenti definiti precisamente nella forma e nell’espressione – che storicamente sono stati e sono un patrimonio condiviso di comunicazione delle arti visive e delle arti performative (Warburg, Catoni).

Il linguaggio del corpo nei suoi gesti ed espressioni, di cui si riconosceva lo straordinario potere comunicativo, era stato oggetto di studio specifico in ambito filosofico, letterario, politico, con Aristotele, Orazio, Cicerone e Quintiliano, la cui Institutio oratoria ha costituito un paradigma portante dell’arte della comunicazione. Nel solco di questa tradizione, a partire dal Rinascimento sulla spinta degli studi di Leonardo sui “moti dell’animo” espressi attraverso i movimenti, si svilupperanno i trattati sul linguaggio del corpo e il suo significato (Trattato dell’arte della pittura, scoltura et architettura di Lomazzo), di fisiognomica, di chirologia (figg. 4-6) e in particolare, per quanto riguarda le arti figurative e performative, quelli tesi alla classificazione di tale vocabolario attraverso l’illustrazione grafica, di cui il testo di Charles Le Brun Conférence sur l’expression générale et particulière des passions, pronunciata a Parigi nel 1688 e pubblicata ad Amsterdam nel 1702, rappresenta un esempio paradigmatico (fig. 7).

Nel XIX secolo, gli studi compiuti in ambito filosofico e scientifico, in particolare quelli sull’empatia di Vischer e il fondamentale testo di Darwin The Expression of Emotion in Man and Animals (1872), costituiranno punti di svolta per le successive ricerche sul gesto da parte di Aby Warburg. Lo studioso tedesco, in una visione che trascendeva il tradizionale approccio dello storico dell’arte, studiava il ricorrere di determinati gesti e pose dotate di una forte valenza espressiva (pathosformeln cioè forme di pathos) nel patrimonio artistico di tutti i tempi e culture, cogliendo in tale vocabolario formale una radice biologica della comunicazione umana. Nell’atlante Menmosyne, rimasto incompiuto alla sua morte (1929), Warburg aveva riunito per tipologie espressive e formali un vasto repertorio di immagini di opere d’arte accomunate da specifiche pose e strutture compositive, ricorrenti a partire dall’antichità (fig. 8). Tra le pathosformeln individuate da Warburg, quella della ninfa costituisce un esempio significativo di attraversamento linguistico tra la danza e le arti visive (Selmin e Mei).

Al gesto nella sua dimensione quotidiana, e al suo profondo significato nella comunicazione umana rivolgono l’attenzione alcuni dei fondatori del rinnovamento del linguaggio coreico del XX secolo, a partire da Delsarte che studia il legame tra gesto ed emozione e, con esiti di straordinaria importanza per gli sviluppi della danza moderna, soprattutto con Rudolf Laban che concepisce l’analisi del movimento organico del corpo nella sua integrazione con l’ambiente. Formatosi nel campo delle arti visive e dell’architettura, per Laban le forme sono indossolubilmente legate al movimento, che sia meccanico – come quello degli operai – o naturale.

Lo scardinamento della forma, il prorompere di una realtà che rivela istanze non dicibili attraverso la mimesi classificata dalla tradizione, investono a cavallo fra XIX e XX secolo tutte le arti. Il gesto oltrepassa i confini stabiliti dal linguaggio accademico e “naturale” aprendosi alle suggestioni provenienti dalle culture lontane e “altre”, conosciute grazie alle Esposizioni universali degli ultimi decenni dell’Ottocento, dalle scoperte in campo scientifico (i raggi X che pemettono di vedere oltre la superficie; la teoria della relatività che oltrepassa la concezione di spazio-tempo assoluti), dalle ricerche sull’isteria e gli stati mentali alterati (Giambrone), in cui il corpo genera forme estreme, cariche di energia non controllata.

Tutto ciò nelle arti visive si comunica, in maniera immediata, in immagini.

La facoltà delle immagini e delle rappresentazioni di coinvolgerci è dunque sempre stata riconosciuta come elemento costitutivo del linguaggio non verbale. In tempi recenti le neuroscienze hanno rivelato i meccanismi neurali che sono alla base di tale facoltà. L’empatia che ci coinvolge alla vista di un’immagine (non necessariamente un’opera d’arte) è stata illustrata con la teoria del as-if- body loop, il circuito corporeo del ‘come se’ (Damasio): osservando il comportamento fisico ed emotivo di altri il nostro cervello si organizza come se noi stessi vivessimo quella situazione, e cioè attivando quelle stessi parti della corteccia somatosensoriale e motoria che si sarebbero attivate se l’avessimo vissuta veramente. Tale principio ha poi trovato una fondamentale spiegazione nella teoria dei neuroni specchio (Rizzolatti e al.) e della embodied simulation (Gallese et al.), ossia le sensazioni imitative provate nel corpo dello spettatore: guardare un’azione compiuta da altri attiva nel cervello un processo imitativo nel quale entrano in azione i neuroni che controllano i muscoli preposti a quel tipo di movimento, come se, potenzialmente, noi stessi stessimo compiendo quell’atto (Rizzollatti et al.). Ne consegue che capiamo un’azione non solo attraverso un processo visivo bensì anche motorio (Zeki, Freedberg e Gallese). La precisa corrispondenza fra ciò che percepiamo del corpo, nelle sue diverse parti, e il nostro Neuron Mirrors System (NMS) è stata individuata in un’area del cervello deputata alla percezione visiva del corpo umano, chiamata extrastriate body area (EBA), che si attiva quando guardiamo un corpo o parti del corpo umano ma non quando guardiamo altri corpi od oggetti. Anche la percezione tattile e l’ascolto di un’azione provoca una risposta nel NMS (Kaschak et al; Tettamanti et al; Havas et al.; Gallese et al.). Tutto il nostro corpo, in sostanza, partecipa, attraverso un’imitazione in potenza ma concretamente agita dal NMS, della scena che osserviamo, suscitando conseguentemente una reazione empatica di tipo anche emotivo.

Studi specifici sull’impatto delle opere d’arte sul cervello hanno rivelato che la vista di immagini di opere d’arte raffiguranti corpi genera una risposta del NMS maggiore rispetto all’osservazione di una fotografia illustrante gli stessi corpi nelle stesse posizioni; hanno inoltre evidenziato che tale reazione è considerevolmente maggiore davanti alla vista di un’opera che mostra un corpo in azione piuttosto che davanti a un’opera che mostra un corpo in riposo (Freedberg e Battaglia). Tuttavia il coinvolgimento cinesico può essere attivato anche dalla vista di opere d’arte non figurativa (Zeki) e, fatto ancora più interessante, la percezione delle tracce create dall’artista anche in opere astratte genera una percezione di coinvolgimento fisico e dinamico nell’osservatore (Merleau-Ponty) a cui corrisponde un’attivazione a livello neuromotorio  (Freedberg e Gallese). Il gesto compiuto da Jackson Pollock per dipingere le sue tele, stese sul pavimento proprio per accogliere il colore schizzato con vigore o lasciato sgocciolare, “risuona” in chi guarda le sue opere.

Dal gesto mimetico, condiviso perché stratificato nella cognizione sociale, alla ricerca di nuovi linguaggi, non più mimetici, le relazioni fra arti visive e danza si sono andate sempre più contaminando. Per dare solo alcuni rapidi esempi, basti vedere come il corpo è non più solo oggetto bensì anche soggetto sia nella Body Art che nella Performance (fig. 9); il legame tra artisti visivi e coreografi si declina in modalità che vanno dalla condivisione di ricerche e di concezioni lungo percorsi che si dipanano paralleli (gli Events di Cunningham, Rauschemberg, Cage), alla condivisione di nuove concezioni spaziali, come i “tagli” delle Attese di Lucio Fontana evocati da Jiri Kylian in Sleepless (figg. 10-11), a collaborazioni strette in cui il lavoro degli artisti visivi diventa spazio e dunque movimento (le casse scolpite da Antony Gormley in cui si muovono i danzatori di Sidi Larbi Cherkaoui in Sutra), o diventa luce scultorea, come quella di Fabrizio Plessi nelle coreografie di Enzo Cosimi; o ancora l’interazione fra architetti e coreografi (Zara Hadid con Frédéric Flamand).

Gli artisti visivi escono dalle gallerie e dai musei (sulla scia dei Futuristi, saranno gli artisti del movimento Gutai e poi Fluxus) mentre i danzatori escono dai teatri per entrare negli spazi museali (la Judson School, Sacha Waltz nel Neues Museum di Berlino, Dominique Hervieu e Jean-Claude Gallotta al Louvre, per fare solo qualche esempio). Si assiste a un fenomeno quasi paradossale di mescolanza “disciplinare”: gli artisti visivi si avvicinano sempre più alla danza (Jan Fabre), i danzatori riducono il movimento e si avvicinano alla pittura (Riva e Derossi, Raffinot). Parallelamente, la concezione di un’arte che si identifica con la vita anima il teatrodanza di Pina Bausch, recuperando l’energia dirompente dell’espressionismo, e permea di se’ il lavoro di una folta schiera di coreografi.

La stratificazione dei gesti nella vita e nello spazio quotidiano - quelli dei movimenti ripetuti nei gesti comuni, quelli dell’artigiano al lavoro, quelli rappresentati nelle opere d’arte, quelli danzati - esprime un substrato di appartenenza corporea condivisa, su cui hanno focalizzato l’attenzione coreografi anche distanti fra loro, come Trisha Brown e Virgilio Sieni (con il progetto dell’ ‘Accademia del gesto’).

Questo sapere condiviso dunque, patrimonio delle arti mimetiche, pur avendo trasceso il tradizionale terreno dell’imitazione e della rappresentazione parla ancora il linguaggio del corpo, rivelando la sua natura in continua trasformazione e in continua ricerca di comunicazione.

Bibliografia

F.Battaglia, S.H.Lisanby, D.Freedberg, Corticomotor Excitability during Observation and Imagination of a Work of Art, Frontiers in Human Neuroscience, v. 5, 1-6, (2011).

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A.Damasio, Alla ricerca di Spinoza: emozioni, sentimento e cervello umano, [2003], tr. it. Adelphi, Milano 2003.

V.Gallese, C.Keyers, G.Rizzolatti, A unifying view of the basis of social cognition, "Trends in Cognitive Sciences", 8, 396–403 (2004).

Roberto Giambrone, Il corpo isterico. Follia e disciplina nella danza contemporanea, in "Danza e ricerca", n. 1-2, dic. 2011

D.A.Havas, A.Glenberg, M.Rink, Emotion Simulation during Language Comprensation, "Psyconomic Bulletin & Review", 14.3, 436-441, (2007).

Kaschak, M.P., Madden, C.J.Therriault, D.J. Yaxley, R.H. Aveyard, M.Blanchard, A.& Zwaan, R.A.,Perception of motion affects language processing, Cognition,94, B79-B89, (2005).

Silvia Mei, Ninfa: un paradigma mutante per l’Iconografia della danza, in "Danza e ricerca", n. 0, ott. 2009.

M.Merleau Ponty, Phenomenologie de la perception, Gallimard, Paris 1945.

G.Rizzollatti, L. Fadiga, V. Gallese, L. Fogassi, "Premotor cortex and the recognition of motor actions", Cognitive Brain Research, 3, 131-141, (1996).

G.Rizzollatti, C. Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina editore, Milano 2006.

L.Selmin, Onda mnestica e corpo danzante. Gesto, movimento e danza nella teoria di Aby Warburg, "Biblioteca teatrale", n. 78, 2006, pp. 91-132.

Virgilio Sieni, La trasmissione del gesto, M&M, Firenze 2009

Elena Tamburini, Ut Theatrum ars: Gian Lorenzo Bernini attore e autore, in "Cronache teatrali", XV  (2006), 2008 pp. 67–108.

Tettamanti, M.,Buccino, G.,Saccuman, M.C.Gallese, V.Danna, M.Scifo, P.Fazio F.Rizzolatti G.Cappa S.F.Perani D., Listening to action-related sentences activates fronto-parietal motor circuits, "Journal of Cognitive Neuroscience",17, 271-281, (2005).

Aby Warburg, La rinascita del paganesimo antico, [1932], tr. it. La Nuova Italia, Firenze 1966.

Semir Zeki, La visione dall’interno. Arte e cervello, [1999], Bollati Boringhieri, Torino 2007.

  

english version

 

Visual Arts and Dance. Gestures, Expressions, Images.

 

Natalia Gozzano

Following the sensational breakthrough by the Liberal Party (Polo delle Libertà) that, contrary to what previously announced, approved the government headed by Enrico Letta on October 2, 2013, the Spanish newspaper El Pais published a front-page series of photographs titled 'Las caras de Berlusconi' (The faces of Berlusconi) (Fig. 1). Those images so effective in their figurative significance, communicated in a simple and clear sense of the defeat of a man who on his own appearance has based much of his political strategy.

Non-verbal communication has always been, since the days of Greek mousiké (the union of music, theater and dance) the common ground of reference through which the mimetic arts establish a dialogue with the public. Being based on mimesis, the extraordinary ability that art has in communicating and moving (Tamburini) has been recognized since antiquity. The natural gesture of laying the head on the hand is, in fact, taken as a canonical image or "pattern" for melancholy (Figs. 2-3).

The study of the human body and its movement is the basis of the wide repertoire of Schemata and Pathosformeln - those figures, gestures, attitudes precisely defined in form and expression - which historically have been and still are a shared heritage of communication in visual and performing arts (Warburg, Catoni).

The body language in its gestures and expressions, to which an extraordinary communicative power has been acknowledged, was the subject of specific studies in philosophy, literature, and politics, as in Aristotle, Horace, Cicero and Quintilian, whose Institutio oratoria has been a paradigm in supporting the art of communication. In line with this tradition, since the Renaissance in the wake of Leonardo's studies on "soul’s motions" expressed through movement, a literature on the subject of body language and its meaning has been developed (Treatise on the art of painting, scoltura et architecture by Lomazzo), on physiognomy, chirology ( Figs. 4-6) and in particular, as regards the visual and performing arts, those focused on the classification of such vocabulary through the graphic illustration, of which the text of Charles Le Brun Conférence sur l'expression générale et particulière des passions, delivered in Paris in 1688 and published in Amsterdam in 1702, is a paradigmatic example (Fig. 7).

In the nineteenth century, studies in philosophy and science - particularly those by Vischer on empathy, as well as the fundamental The Expression of Emotion in Man and Animals (1872) by Darwin - represent a turning point for the subsequent research on gesture by Aby Warburg.

The German scholar, in a vision that transcended the traditional approach of the art historian, studied the use of certain gestures and posed with a strong expressive value (i.e. Pathosformeln forms of pathos) in the artistic heritage of all times and cultures, considering this formal vocabulary as the biological roots of human communication. In the Mnemosyne Atlas, which remained unfinished at his death (1929), Warburg had gathered under formal and expressive types a vast repertoire of works of art images that share specific poses and compositional structures, recurrent since antiquity (Fig. 8). Among the Pathosformeln identified by Warburg, the Nymph is a significant example of linguistic crossing between dance and visual arts (Selmin and Mei).

The act in its everyday dimension and its deep meaning in human communication were studied by  some of the founders of the renewal of dance language in the twentieth century: François Delsarte, who analized the link between gesture and emotion and, with an outcome of extraordinary importance for the development of modern dance, especially Rudolf Laban who conceives the analysis of the organic movement of the body in its integration with the environment. Trained in the field of visual arts and architecture, Laban believes that forms are deeply related to natural or mechanical movements, such as those of the workers.

The disruption of the form, the burst of a reality that reveals instances not expressible through the mimesis with which they were traditionally classified , invest at the turn of the nineteenth and twentieth century all the arts. The gesture goes beyond the boundaries of the academic and "natural" language, and opens to the suggestions of distant and different cultures which came out of the Universal Exhibitions of nineteenth century’s last decades; of the discoveries in science (X-rays which allow to see over the surface, the theory of relativity that goes beyond the concept of absolute space-time); of researches on hysteria and altered mental states (Giambrone), in which the body generates extreme forms of uncontrolled energy.

In visual arts all this is conveyed, in an immediate way, through pictures.

The empathetic power of images and representations has therefore always been recognized as a constituent element of non-verbal language. In recent times the neurosciences have revealed the neural mechanisms underlying such ability. The empathy that draws us to the view of an image (not necessarily a work of art) was described by the theory of body loop (Damasio): observing the physical and emotional behavior of others, our brain organizes itself as if we lived that situation that is, activates the same parts of the somatosensory and motor cortex that would be activated if we truly lived it. This principle has also found a fundamental explanation in the theory of mirror neurons (Rizzolatti et al.) and embodied simulation (Gallese et al.), that is the mimic sensations felt in the viewer’s body: watching an action performed by others activates in the brain an imitative process in which the neurons controlling the muscles needed for that type of movement come into action, as if, potentially, ourselves were doing the action (Rizzollatti et al.).

It follows that we understand an action not only through a visual process but also a motor one (Zeki, Freedberg and Gallese). The precise correspondence between what we perceive of the body, in its different parts, and our Mirrors Neuron System (MNS) has been detected in an area of ​​the brain responsible for the visual perception of the human body, called Extrastriate Body Area (EBA), which is activated when we look at a body or parts of the human body, though it is not activated when we look at other bodies or objects. Even the tactile perception and listening words related to an action causes a response in the MNS (Kaschak et al; Tettamanti et al; Havas et al., Welsh et al.). Our whole body, in substance, participates, through imitation in power but actually performed by the MNS, in the scene we observe, causing a consequent empathic response that is also emotional.

Specific studies on the impact of art on the brain have revealed that the sight of images of artwork depicting bodies generates a response from the MNS greater than the observation of a photograph showing the same bodies in the same positions. These studies have also shown that this reaction is considerably larger in front of artworks showing a body in action rather than a body at rest (Freedberg and Battaglia). However, the kinesic involvement can also be triggered by the sight of non-figurative art (Zeki) and, even more interestingly, the perception of the tracks created by the artist in abstract works generates a perception of physical and dynamic involvement in the observer (Merleau-Ponty), which corresponds to an activation at a neuromotor level (Freedberg and Gallese). The gesture made by Jackson Pollock to paint his canvases, stretched out on the floor just to accommodate the color splashed with force or left dripped, "resonates" in the viewer of his works.

From the mimetic gesture, shared because stratified in social cognition, to the search of new languages, no more grounded in the mimesis, the relationship between the visual arts and dance have gone increasingly contaminating. To give a few quick examples, just look at how the body is not only the object but also the subject in the Body Art as well in Performance (Fig. 9); the link between visual artists and choreographers declines in ways ranging from the sharing of research and ideas that unfold along parallel paths (the Events by Cunningham, Rauschenberg and Cage), the share of new spatial concepts, such as "cuts" of the Attese by Lucio Fontana evoked by Jiří Kyliàn in Sleepless (Figs. 10-11), to close collaboration in which the work of visual artists becomes space and then movement (the boxes sculpted by Antony Gormley in which the dancers move in Sidi Larbi Cherkaoui’s Sutra), or becomes sculptural light, like that of Fabrizio Plessi choreographied by Enzo Cosimi; or even the interaction between architects and choreographers (Zara Hadid with Frédéric Flamand).

The visual artists come out from galleries and museums (in the wake of the Futurists, will be the artists of the Gutai movement and then of Fluxus) while the dancers come out from the theaters to enter the museum spaces (the Judson School, Sacha Waltz in the Neues Museum in Berlin, Dominique Hervieu and Jean-Claude Gallotta the Louvre, to name but a few). We are witnessing an almost paradoxical blend of "discipline": the visual artists get closer and closer to the Performance (Jan Fabre), the dancers reduce movement and approach to painting (Riva and Derossi, Raffinot). At the same time, the conception of an art that is identified with life springs the dancetheater of Pina Bausch, recovering the explosive energy of Expressionism, and permeates the work of a large group of choreographers.

The layering of gestures in daily life and space - those of repeated movements in the common gestures, those of the craftsmen at work, those represented in works of art, those danced - expresses a substrate of shared bodily belonging, on which have focused their attention choreographers also distant from each other, such as Trisha Brown and Virgilio Sieni (with the project of the' Academy of gesture ').

This shared knowledge, therefore, heritage of the mimetic arts, despite having transcended the traditional land of imitation and representation still speaks the language of the body, revealing its constantly changing nature, in constant search of communication. 

Bibliography

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