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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Giuliano Lombardo

Verrà qui ipotizzato che un certo tipo di interazione estetica può funzionare come stimolo per esercitare quelle abilità che sono alla base della creazione di significato. In questo articolo la questione verrà sviluppata in relazione alla teoria psicologica del flow così come esposta da Mihaly Csikszentmihalyi (1975, 1985, 1990, 1996).

Csikszentmihalyi definisce il flow come lo stato mentale che accompagna l’esperienza ottimale nell’essere umano. Durante il flow i soggetti fanno esperienza di uno stato mentale in cui l’energia mentale scorre apparentemente senza sforzo. In questo stato particolare le persone sono intensamente immerse ed estremamente coinvolte in una attività. L’attenzione dei soggetti risulta altamente concentrata e la percezione del tempo fortemente alterata. Questa esperienza è accompagnata da una temporanea perdita della consapevolezza di sé. Il fenomeno sarebbe causato dalla percezione di una congruenza tra i dati percepiti e gli scopi del soggetto. Tale stato mentale accompagna l’esperienza di alcuni particolari tipi di attività dette flow activities (FA). Queste attività risultano in un qualche tipo di crescita personale definita come un incremento della complessità del sé.

Per raggiungere questo stato di esperienza ottimale occorre che ci sia un equilibrio tra la sfida che il soggetto percepisce in una determinata situazione e le capacità che lo stesso percepisce di avere. In quanto questo fenomeno risulta in una crescita personale, perché si possa mantenere nel tempo l’esperienza occorre aumentare gradualmente la complessità dell’attività in modo da poter mantenere questo equilibrio tra la complessità dell’attività e la maggiore complessità acquisita. In questo modo le nuove capacità acquisite sono continuamente messe alla prova da nuove sfide.

Altre condizioni individuate da Csikszentmihalyi perché si presentino le condizioni per l’esperienza del flow sono la chiarezza degli scopi dell’attività intrapresa e la possibilità di ottenere un feedback accurato in modo tale da monitorare i propri progressi. Quando le sfide vengono percepite come all’altezza delle capacità, quando esistono degli scopi chiari da perseguire ed è possibile avere un ritorno di informazioni che informa chiaramente sui progressi fatti, allora si è completamente assorbiti nell’attività svolta. L’attenzione viene completamente focalizzata su ciò che si sta facendo e non rimane altro spazio perché nient’altro entri nella consapevolezza. Questo significa che non si è distratti da fattori esterni e non ci si sente a disagio o in imbarazzo. L’evolversi di questo stato negli esseri umani sarebbe dovuto al bisogno di riconoscere delle configurazioni di azioni degne di essere preservate e trasmesse nella specie.

Tutto ciò non basta per garantire l’emersione dell’esperienza del flow. Sta alla volontà ed alla capacità dell’individuo riconoscere e raccogliere la sfida, fornire le capacità richieste per farlo e trovarne giovamento. Inoltre, la complessità di una FA è limitata dal grado di sfida che l’attività stessa fornisce e dalla capacità del soggetto di usare la propria creatività e la propria volontà per trovare sfide in quella attività. Per poter trasformare una situazione negativa in una esperienza di flow è necessario sentirsi sicuri di sé, focalizzare l’attenzione sul mondo e scoprire nuove soluzioni.

È stato osservato che riuscire ad individuare ed intraprendere una potenziale FA può essere uno dei pochi modi per riuscire a sopravvivere in condizioni estreme come la prigionia e l’isolamento, ma non è sempre vero che perseguire questo tipo di attività porti ad un miglioramento generale dell’esperienza. Per esempio, gli adolescenti che vivono in ambienti che non offrono occasioni di utilizzare al massimo le proprie potenzialità ricercano FA nella microcriminalità. Se il godere di una FA non viene percepita come parte di un disegno di ampio respiro, come modo di raggiungere uno scopo o come parte di una motivazione più generale, allora, non appena l’attività finisce la mente cade nuovamente in uno stato caotico (o di entropia psichica) e l’esperienza può trasformarsi in dipendenza. L’ultima fase dell’esperienza di flow riguarda la trasformazione della propria vita in una continua FA con scopi unificati che garantiscono una costante motivazione. Secondo questa teoria se il soggetto investe tutta la propria energia mentale per raggiungere questo scopo, la coscienza, il comportamento e l’emotività della persona saranno in armonia tra loro e tutte le esperienze di flow verranno unificate. (Csikszentmihalyi 1990, 1996)

La similitudine tra flow ed esperienza estetica è stata sottolineata (per esempio in Markovich, 2012) ed infatti la questione artistica è stata esplicitamente trattata nell’ambito della teoria (Csikszentmihalyi, 1965; Csikszentmihalyi, Getzels & Kahn, 1984), ma questo è stato fatto principalmente per affrontare temi connessi agli autori delle opere: gli scopi impliciti dell’artista, il feedback che va considerato, l’apertura all’esperienza e la creatività che vanno esercitate, l’abilità di adattarsi alla contingenza. Tutte questioni che non riguardano l’esperienza estetica del fruitore, l’interazione tra l’opera e il pubblico che ha guadagnato una centralità nella ricerca estetica contemporanea. Questa centralità del rapporto dell’opera con il pubblico ha portato a varie teorizzazioni che vanno dalla definizione di opera aperta alle successive forme interattive, relazionali e partecipative (Eco, 1962; Barthes, 1968, 1971; Lombardo, 1991; Guattari, 1995; Bourriaud, 1998; Bishop, 2006). L’apertura di queste opere può essere raggruppata in due categorie: un tipo di opere prevede un’interazione in cui i soggetti possono scegliere tra un numero limitato (anche se, a volte, molto alto) di interazioni potenziali e quelle in cui l’interazione è indeterminata e potenzialmente infinita. Le produzioni appartenenti a quest’ultima categoria verranno qui considerate opere indeterminate. Secondo il nostro punto di vista, questa interazione è considerata un modo in cui i partecipanti possono esercitare la propria creatività e coltivare la propria apertura all’esperienza.

Oggi è opinione comune negli ambiti della filosofia estetica, nell’arte contemporanea e nella psicologia dell’arte, considerare l’estetica come una esperienza interattiva e non come una proprietà dell’oggetto. L’attenzione si è spostata dall’oggetto alle relazioni che si hanno tra opera e pubblico. Non ci si riferisce più alla qualità dell’oggetto, questa qualità emerge dai rapporti che questo intrattiene con i suoi fruitori o partecipanti. L’opera d’arte in questo modo si libera dalle intenzioni del suo autore per includere tutte le possibili interazioni con il pubblico, passate, presenti o future. La diversità di queste interazioni è considerata spesso una qualità dell’opera ed uno scopo dichiarato dell’autore. Questa diversità attesta la natura provocatoria, controversa ed innovativa dell’opera indicando possibilmente un impatto più profondo e duraturo sulla società.

Alcune opere possono contenere, come spesso succede, dei significati privati o nascosti per l’autore, ma è nell’interazione con il pubblico che avviene l’esperienza estetica. Questi significati privati o nascosti diventano rilevanti per l’esperienza estetica solo nel momento in cui vengono usati dal pubblico come stimolo perché inferisca i propri significati a queste interazioni. Molte opere sono progettate per innescare queste interpretazioni creando la possibilità per chi vi si avvicina di trovare una moltitudine di interpretazioni ed interazioni del lavoro. Queste interpretazioni sono tutte legittime e tutte parziali. Alcune di queste possono essere state considerate da chi ha ideato l’opera, ma molte non lo saranno state. Ne consegue che non esiste una interpretazione “giusta” dell’opera, non esiste una soluzione ultima all’enigma.

Secondo la teoria del flow, la creazione di significato avviene ordinando i contenuti mentali integrando le proprie azioni in un’esperienza unificata. Questo processo è definito come scopo. Una volta che questo scopo è stato trovato occorre portare avanti il processo e raccogliere le sfide richieste per raggiungere tale scopo. Questo processo è detto risolutezza. Quando uno scopo viene perseguito con risolutezza e le varie attività sono tenute insieme il risultato ottenuto è chiamato armonia. L’armonia è difficile da ottenere e le attività che essa richiede non sono sempre piacevoli.

Molte recenti investigazioni psicologiche hanno sottolineato l’importanza della facilità di elaborazione percettiva e cognitiva nella formazione dei giudizi estetici (Martindale, 1988; Ramachandran & Hirstein 1999; Reber, Schwartz & Winkielman, 2004) eppure la produzione e la fruizione di opere d’arte che promuovono la diversità di interpretazioni o che permettono interazioni molteplici ed indeterminate presentano una situazione quasi opposta: esse vengono percepite come ambigue, difficili da comprendere (concettualmente o percettivamente o entrambi) e non tendono a convergere immediatamente verso qualcosa di noto e familiare.

Il campo della psicologia sperimentale ha fornito anche dati empirici che evidenziano il fatto che esistono differenze significative nella natura dell’esperienza estetica a seconda delle conoscenze dell’individuo. In generale, è stato riscontrato che persone che non possiedono una preparazione specifica tendono a preferire stimoli piacevoli e semplici, mentre chi possiede tale preparazione apprezza esperienze più complesse e impegnative che possono rappresentare una sfida.

Esiste una cospicua quantità di ricerche che sottolineano il ruolo cruciale svolto dall’expertise in relazione alla valutazione ed all’elaborazione di stimoli complessi ed all’aumentare del gradimento nei confronti di opere d’arte con l’aumentare delle informazioni che si hanno in proposito (Augustine & Leder, 2006; Bordens, 2010; Cupchik, 1992; Cupchik & Gebotys, 1990; Leder et al, 2004, 2006; Millis, 2001; Nodine et al, 1993; O'Hare, 1976; Russell, 2003; Silvia, 2005; Specht, 2007; Temme, 1992; Winston & Cupchik, 1992). Questi studi suggeriscono che un certo grado di formazione sia necessaria per poter comprendere opere d’arte che richiedono una elaborazione più complessa e difficile.

Questa percezione di un equilibrio tra il livello della sfida e la capacità che si ha di risolverla si accorda anche con la teoria del flow. Come per la valutazione estetica, l’esperienza del flow è causata da un equilibrio che il soggetto percepisce tra le proprie capacità ed il livello di difficoltà della sfida. Secondo questa teoria, una congruenza che l’individuo percepisce tra i propri scopi ed i dati in ingresso che l’attività intrapresa gli mette a disposizione è alla base della trasformazione di una situazione difficile in una attività positiva (Csikszentmihalyi, 1975, 1990, 1996). In modo simile, l’acquisizione di una esperienza nel campo artistico è utile alla trasformazione dell’interazione con l’arte in una esperienza positiva. A lungo andare, però, questa acquisizione di expertise può avere anche effetti negativi e portare ad atteggiamenti di rigidità e di chiusura (Sternberg and Lubart, 1995; Sternberg, 1996). Pericoli che sono considerati anche nella teoria del flow. Come avevamo anticipato, l’intraprendere le FA di per sé può risultare in una sorta di dipendenza che induce una sterile ripetizione di alcuni schemi.

Come sostenuto da Csikszentmihalyi, non è sufficiente ingaggiare una FA, ma occorre saper modificare i propri scopi in modo da poter mantenere un ordine nella coscienza nel lungo periodo. In altre parole, occorre imparare ad essere flessibili e modificare i propri scopi e le proprie aspettative in modo tale da poter orientare la creazione di nuovi significati generali che sono alla base della creazione di un’armonia globale nella propria esistenza. Bisogna saper tollerare la natura indeterminata delle caratteristiche della vita e saper combattere la propria tendenza a fissarsi su alcune idee per poter essere aperti alle novità. Perché sia possibile formulare nuovi concetti e fare esperienza di nuove emozioni è indispensabile saper applicare nuove configurazioni attenzionali ed essere capaci di guardare le cose da punti di vista differenti.

Nella vita di ognuno di noi il feedback che contraddice i nostri scopi crea disordine mentale, minaccia il proprio sé e ne impedisce il completo funzionamento (Csikszentmihalyi , 1990). Nella coltivazione di qualsiasi disciplina si dovrà affrontare qualche tipo di feedback negativo: informazioni che contraddicono gli assunti generali che il soggetto ha imparato a credere. È ragionevole affermare che una certa tolleranza nei confronti di queste potenziali esperienze traumatiche sia necessaria agli individui che decidano di avventurarsi in qualsiasi disciplina accademica. Aldilà della personale predisposizione del soggetto, è augurabile intraprendere delle attività che promuovano l’uso del pensiero creativo e coltivare il tratto caratteriale dell’apertura all’esperienza in quanto queste accrescono la possibilità di trasformare situazioni problematiche in FA. È qui che l’interazione con le opere aperte potrebbe rivelarsi utile a qualsiasi tipo di attività culturale e di ricerca.

Che si tratti di campi scientifici o umanistici, per poter coltivare la creatività e saper riconoscere ed apprezzare le novità quando si presentano occorre essere a proprio agio in situazioni di apertura ed indeterminazione. Situazioni che non permettono soluzioni definitive e predeterminate nonostante la loro comprensione anche parziale rappresenti una sfida cognitiva per il soggetto.

È largamente diffusa l’idea che le opere d’arte in generale debbano affrontare fatti scomodi e sfidare luoghi comuni e preconcetti. Nelle opere indeterminate gli autori non forniscono al pubblico soluzioni specifiche, l’attenzione viene rivolta verso determinate questioni in quanto non hanno soluzioni semplici e condivise, lasciando all’individuo il compito di fare le proprie riflessioni in proposito ed eventualmente proporre le proprie originali soluzioni. L’interazione con queste opere può essere vista come un modo per esercitare il difficile compito di affrontare l’indeterminazione e l’imprevedibilità creando un ambiente sicuro in cui poterlo fare. Affrontare l’incertezza in un ambiente sicuro e culturalmente sancito potrebbe servire alla riduzione dello stress e contribuire a rafforzare i legami sociali e le identità personali e di gruppo. (Lombardo, 2014, 2015)

Secondo la teoria del flow la trasformazione di una situazione negativa in un esperienza di flow necessita di uno stato di unselfconscious self-assurance: il sentirsi in controllo del proprio destino senza che la propria consapevolezza sia rivolta verso se stessi. Questo perché una reazione naturale allo stress è quella di rivolgere la propria attenzione verso l’interno e questo rappresenta spesso un ostacolo all’abilità di affrontare la situazione. Una chiusura che compromette l’abilità di applicare le proprie abilità trasformative.

Perché si possano cogliere nuove opportunità occorre essere in grado di mantenersi in contatto con l’ambiente esterno. Quando si focalizza l’attenzione sul mondo si è guidati dai propri scopi, ma questa attenzione deve essere abbastanza aperta da permettere al soggetto di notare e quindi di adattarsi ai cambiamenti esterni. Questa apertura permette di essere consapevoli delle alternative possibili e di rimanere in contatto con gli eventi esterni. Ciò si realizza spostando l’attenzione fuori da sé stessi ed essendo partecipi nella situazione in modo da capire meglio le proprietà del sistema di cui si fa parte ed essere maggiormente in grado di adattarsi alla situazione problematica.

Per potersi adattare in situazioni negative è fondamentale essere in grado di percepire opportunità inaspettate nell’ambiente e perché ciò avvenga dev’essere possibile per il singolo applicare una certa flessibilità e potersi distanziare dalle abitudini dettate dalle regole sociali e genetiche. Quando gli scopi di una persona vengono frustrati, questa dev’essere in grado di formulare nuovi scopi e creare nuove opportunità per intraprendere delle FA. Per poter scoprire strategie alternative occorre fare attenzione agli eventi esterni e valutarli nei termini del loro diretto impatto sui propri sentimenti e non esclusivamente sulla base di nozioni preconcette (Csikszentmihalyi, 1990, 1996). Ne consegue che l’aprirsi all’esperienza dell’interazione con opere aperte dovrebbe essere benefico per la capacità di adattamento a situazioni negative in quanto questi dispositivi potrebbero essere inizialmente sconosciuti ed alieni al soggetto, ma qualche tipo di connessione dovrebbe essere possibile. Nel fare esperienza di questa interazione estetica le possibili connessioni sono innumerevoli e indeterminabili prima che l’interazione abbia luogo. Si tratta di situazioni che possono essere fastidiose o scomode, in cui ogni soggetto partecipante è libero di trovare il proprio modo di interagire e quindi di aprirsi ad un ambiente inusuale mantenendo la propria libertà.

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