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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Lucilla Meloni

Una grande mostra di Annette Messager inaugura il ciclo espositivo “Une” curato da Chiara Parisi all’Accademia di Francia a Roma: una serie di esposizioni dedicate ad artiste internazionali.
Già nel 1998 Messager era intervenuta nel Parco di Villa Medici in occasione della prima tappa della mostra “La Ville, le Jardin, la Mémoire”; con l’opera “Le Jardin du tendre et du cruel” aveva disseminato il giardino di iscrizioni segnaletiche che indicavano i sentieri del dubbio, del segreto, del sospetto e aveva avvolto in una trama di corde la Fontana dei Niobidi, generando un cammino sentimentale e emozionale.
In questa occasione, il viaggio ludico e onirico che l’autrice propone al visitatore si snoda per le sale del palazzo e per il giardino della villa: un percorso costellato di diverse apparizioni che si ricompongono come in un’unica immagine.
L’artista “Messaggera”, come intitola la mostra, non porta però alcun messaggio, perché, come lei scrive: “Mi chiamo Messager, si, ma non porto alcun messaggio. E tocca allo spettatore tracciare la via con la propria storia e la propria immaginazione”.
L’ambiguità del senso che percorre le sue opere, tra aspetti ludici, onirici e drammatici, pone l’accento sulla complessità delle cose della vita e sull’idea della trasformazione come fondamento dell’arte. Infatti ogni elemento utilizzato dall’artista - siano le matite colorate, siano guanti di lana, tessuti, fili o cuscini, siano gli animali impagliati o di gomma, siano i peluches, siano le lettere dell’alfabeto, siano oggetti quali parrucche o tutu - è da lei “preso a prestito” per essere manipolato e dar vita ad altro. “Trasformare per me è come giocare. Ma giocare seriamente, come fanno i bambini. E io mi considero come un bambino antico”, afferma.
Proprio al personaggio di Pinocchio, burattino che aspira ad essere umano, figura doppia (buono e cattivo), l’artista dedicò il suo “Casino”, una grande installazione articolata in tre momenti, con la quale nel 2005 vinse alla 51.a Biennale di Venezia il Leone d’oro; Pinocchio che, trasformato in “Casino” in un personaggio tragico, ritorna anche in questa mostra.
Artista e donna che inizia a lavorare negli anni Settanta, di quella generazione testimonia la presa diretta sul mondo poiché i suoi lavori, anche quelli più visionari, ad esso rimandano; un modo di prendere partito che resta rigorosamente all’interno dell’arte: “Il carattere ludico consente di dire la verità, l’arte non è politica. Ricamare pazientemente duecento proverbi ‘detti’ sulle donne, copiare e ricopiare lo sragionare umano, è senz’altro più pernicioso della denuncia. Sono più portata per la cospirazione”, scrive.
Quel lavoro, così chiaramente femminista, fu esposto a Milano alla Galleria Diagramma nel 1974. A Villa Medici è esposta invece l’ opera “3 Pantins PQ” del 2015, presentata per la prima volta a Calais e in relazione alla famigerata “Jungle” e alla vita quotidiana dei migranti: da tre marionette in tessuto calano altrettante strisce di tessuto, ma rigide, che evocano la carta igienica (cioè le sua mancanza).
In questa mostra molti lavori suggeriscono tematiche legate all’amore, alla gelosia, al sesso, all’universo femminile, che culminano in quella sorta di affresco composto da carta da parati che decora l’atelier di Balthus: “Les utérus fleurissent chez Balthus”, un vero e proprio trionfo della rappresentazione dell’utero, la cui immagine appare da lontano come un fiore, come una medusa, come un volto.
“Ho disegnato l’utero perché ricorda un vaso di fiori. Certi fiori, come le orchidee, possono sembrare minacciose. La donna fa sempre un po’ paura. Non dimentichiamo che l’isteria deriva dalla parola utero”, afferma l’artista.
Come sempre, le opere di Annette Messager sembrano essere in bilico, in uno stato di sospensione, come se l’immagine potesse prendere una strada, o un’altra. Così i “Gants-croix”, i “Gants triangle”, dove i lati terminali delle figure geometriche sono corredati da guanti da cui fuoriescono matite colorate, come artigli; così la serie dedicata all’amore: “Spaasm”, “Jalousie Love”, “Coeur au repos” “Sexe au repos”, dove l’uso di una armatura metallica ricoperta da rete per uccelli, conferisce alle lettere dell’alfabeto e alle sculture una valenza sonora, tattile, visiva.
Il rapporto con gli animali e soprattutto con i volatili viene magnificato nella grande installazione che occupa per intero il soffitto dello scalone: “Eux et nous, nous et eux”. Composta di 70 animali imbalsamati che indossano maschere di peluches, degli specchi su cui poggiano, di matite incrociate e di guanti che pendono dai fili, invita l’osservatore a farsi parte di quell’universo, a camminarci dentro, a guardare negli specchi, in un gioco reciproco di sguardi tra “noi” e “loro”. In bilico tra inquietudine e gioco, tra l’idea degli animali imbalsamati e la reminiscenza di qualche sensazione dell’infanzia generata dai peluches, si è avvolti in un mondo fantastico, la cui ombra si staglia sui bianchi muri laterali.
Al fondo dell’installazione, solitario, ondeggia un tutu nero, a cui si mischia l’oscillazione di una capigliatura: un’immagine leggera e ambigua, poiché il tutu è senza corpo.
Il percorso della mostra all’interno del palazzo termina con un’altra grande installazione, l’ “Histoires des traversines”. Moltissimi cuscini di forma oblunga posti l’uno sull’altro, intrecciati, accavallati compongono una specie di foresta, qualche strano oggetto, amorfo, spunta dagli anfratti. Luogo onirico per eccellenza, come dimostrano quelle strane sembianze surreali che lo animano, ma anche erotico, rinvia al contempo, nel motivo del tessuto che ricopre i cuscini, alla divisa dei deportati nei campi di concentramento nazisti.
Nel giardino infine troviamo “La danse des cheveux avec Mercure”, dove il leggiadro Mercurio di Giambologna reca in mano una capigliatura femminile che ondeggia al vento, mentre animali vegetali emergono dalle siepi. Di fronte, la fontana è stata completamente ricoperta di serpenti che si intrecciano ed emettono acqua. Due immagini diverse ma similari nella loro presa di possesso e di trasformazione da parte dell’artista: l’una tenue e delicata, l’altra aggressiva e inquietante, polarità che attraversa tutte le sue opere.

aprile 2017