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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Un artista, l’autorialità, un’agenzia di servizi
Philippe Thomas al MACRO

IcoPDFdownload.pngPatrizia Mania

Entrando nella sala espositiva in cui il MACRO di Roma ospita la mostra Readymades belong to everyone. Philippe Thomas declines his identity (1) ci si chiede se non sia ancora in corso il suo allestimento: carrelli da trasporto per movimentazioni merci, scatole di cartone da imballaggio impilate, nastri adesivi, una libreria di metallo che ospita cartoni con materiali documentari e tutto intorno altri materiali, la maggior parte dei quali contrassegnati con il logo “readymades belong to everyone”. Ciò che si esibisce in forma d’archivio è il deposito di un progetto e dei suoi materiali che qui, nel loro insieme, sono ciò che fisicamente rimane e testimonia dell’esperienza dell’agenzia di servizi d’arte fondata nel 1987 da Philippe Thomas e a cui la mostra è dedicata.
L’intero archivio dell’agenzia facente oggi parte della collezione del MAMCO di Ginevra è stato dunque trasportato al MACRO per una mostra che è peraltro la prima dedicata da un’istituzione italiana a questo progetto di Philippe Thomas. Un’occasione per riflettere su una pagina della storia dell’arte non particolarmente nota e che ha interrogato in maniera esplicita la questione dell’autorialità e dei relativi diritti nell’epoca contemporanea.
A sancire l’apertura dell’agenzia Readymades belong to everyone era stata nel 1987 una mostra personale che l’artista fu invitato a realizzare a New York negli spazi della Cable Gallery e che da lì a poco, con il suo nome in francese - les ready made appartiennent à tout le monde – fu replicata alla galleria di Claire Burrus a Parigi.
Proprio il MAMCO ospitò tra il 1993 e il 1994 l’ultima mostra dell’agenzia che possiamo leggere come l’epitaffio con il quale Philippe Thomas prese congedo dall’agenzia consapevole che da lì a poco le sue precarie condizioni di salute non gli avrebbero consentito ulteriori sviluppi. L’anno successivo, infatti, Philippe Thomas morì. Poco più di vent’anni dopo sempre al MAMCO (2) si svolse una mostra omaggio all’artista che, proposta con il titolo dell’agenzia stessa, Les ready mades appartiennent à tout le monde, mise in scena esattamente quel che noi oggi possiamo vedere al MACRO: l’agence, appunto. A giudicare dalla documentazione fotografica, l’allestimento del MACRO replica gli allestimenti ginevrini: lungo una parete laterale, una libreria con scaffalature metalliche all’interno della quale sono allocati colli con materiale d’archivio – contratti, locandine, inviti - sigillati dal nastro adesivo impresso con il logo dell’agenzia. Accanto, come si diceva, carrelli da trasporto, materiali da imballaggio e una serie di poster e opere realizzati dall’agenzia.
La seconda parte del titolo della mostra - “Philippe Thomas declines his identity” – è invece mutuata da una conferenza dell’artista poi pubblicata e firmata da un suo collezionista (3).  In questo passaggio della proprietà intellettuale si esplicita il dispositivo messo in atto dall’artista: un paradossale gioco delle parti in cui al rifiuto della propria identità si accompagna propriamente la delega della stessa ad altri. Si viene così evidenziando la complessità dei livelli su cui si è mossa la ricerca di Thomas e che la mostra romana ribadisce.
Un lavoro, il suo, che risiede propriamente nell’interrogare l’autorialità, con i limiti e le aporie che la stessa assume nel mondo contemporaneo. Da questo punto di vista, l’intera vicenda dell’agenzia readymades belong to everyone deve ritenersi in primis una presa d’atto politica delle necessità di assumersi direttamente il controllo della gestione dell’arte e dei suoi autori.  “Perché ne siamo certi – recita infatti un testo dell’agenzia – è giunto il momento di ripensare interamente il concetto di diritto d’autore. Contiamo su di voi e sul vostro entusiasmo. Insieme scriveremo un nuovo capitolo della storia dell’arte contemporanea”. 
Ci si può chiedere se vi fosse sottotraccia un filo d’ironia nell’invito all’entusiasmo della partecipazione altrui, ma in ogni caso l’intento appare sincero e, almeno per quanto riguarda l’artista Philippe Thomas, irreversibile.
Se, nella breve storia di questo progetto artistico il tema è dunque la proprietà intellettuale dell’arte il testo citato è, oltre che una dichiarazione d’intenti, un invito a prendere parte all’impresa utilizzando i servizi dedicati all’arte - tipologicamente ai ready made -.
Non che il tema non fosse stato già al centro dell’attenzione di altri artisti: da Duchamp in poi, e proprio per quel che riguarda il ready made, è stato infatti configurato e interrogato da svariati punti di vista. A prescindere da Thomas stesso, fra i molteplici rivoli in cui si è indagata l’autorialità, va sottolineato come un’analisi specifica sia stata indirizzata proprio al ready made. L’oggetto o l’immagine “ready made” di cui l’artista s’appropria possiede infatti una sua autonomia a priori, visto che la sola condizione per essere nominati opere d’arte risiede nell’attribuzione ex post di un giudizio estetico. Stanti così le cose, l’interrogativo dal quale prendere le mosse potrebbe proprio essere quello di chiedersi a chi in ultima istanza appartengano i ready made. La risposta ineludibile che in proposito vi ha dato Philippe Thomas è, quasi tautologicamente, nella creazione dell’agenzia Readymades belong to everyone. Un nome, all’occorrenza peraltro duttile, votato ad una committenza e ad un pubblico internazionali, che verrà declinato a seconda delle occasioni in lingue diverse, di volta in volta in inglese, francese, italiano, tedesco. Lo scopo restò in ogni caso l’estensione della proprietà intellettuale del ready made a chiunque.
Artista fra i più radicali nel produrre, tra gli anni Ottanta e Novanta dello scorso secolo, una svolta nell’analisi dei contesti sistemici dell’arte e degli artisti, Philippe Thomas nella sua breve parabola artistica - nasce nel 1951 e muore nel 1995 – comparve sulla scena in alcune occasioni espositive nelle quali si dibatteva in particolare del ruolo e del posto nei quali collocare l’arte e gli artisti nel coevo sistema. Erano anni in cui molte delle ricerche in campo percorrevano la strada delle affinità con le strategie pubblicitarie e nei quali si rifletteva sul reintegro dell’attività critica nell’opera oltre che sulla sua accezione discorsiva. Soprattutto in Francia, ma non solo, ci si concentrerà in maniera particolare sulla questione della ricchezza semiologica del testo, sia come immagine che come metafora concettuale, ma anche come discorso o commento dell’opera stessa (4). Concentrarsi sull’autorialità, sulla sua definizione, sul suo statuto è il contributo che peculiarmente a quel composito contesto diede Thomas.
Come detto, l’idea della creazione dell’agenzia risale al 1987 ma già nel 1984 Thomas aveva dato vita, insieme a Jean-François Brun e a Dominique Pasqualini, al collettivo IFP, acronimo di “Information Fiction Publicité”. Parentesi per lui fugace, visto che già l’anno successivo alla compartecipazione al progetto, deciderà di abbandonare il collettivo. L’esperienza nel gruppo sembra tuttavia incubare il passo successivo che lo condurrà alla istituzione della sua agenzia con la quale si avventurerà in una strada ulteriore di sostanziale abiura al ruolo autoriale – ripensare interamente il concetto di diritto d’autore - e che nella radicalità dell’intento segnerà una scelta netta e almeno per quanto lo riguarderà non negoziabile. Non si tratta di firmare un’opera ma di mettere a disposizione un servizio - delle competenze - affinché altri se ne approprino e la firmino. Già quando nel 1985 aveva partecipato al Centre Georges Pompidou alla storica mostra Les Immatériaux, Philippe Thomas propose una riflessione sull’autorialità con Sujet à discretion, un trittico fotografico di tre identiche stampe cromogeniche di vedute marine accompagnate da tre didascalie differenti: ANONYME la mer en méditerranée (vue générale) multiple/ PHILIPPE THOMAS autoportrait (vue de l’esprit) multiple / LIDEWLJ EDELKOORT autoportrait (vue de l’esprit) pièce unique. Gli autori erano dunque tre: un anonimo, Philippe Thomas e il collezionista acquirente dell’opera.  Proprio con questa inclusione del nome del collezionista a firmatario dell’opera prese il via nella sua ricerca la creazione di quel movimento fittizio di delega e trasferimento del diritto d’autore di cui si diceva e che sarà inaugurato presso la galleria di Claire Burrus a Parigi con la mostra raggruppante le opere di sette collezionisti dal titolo Fictionnalisme: une pièce à conviction (5).
L’esito successivo sarà proprio il progetto che sintetizza e con il quale si identifica il suo contributo critico storico: la fondazione e le attività dell’agenzia di servizi Readymades belong to everyone svoltesi tra il 1987 e il 1993. Si tratta, in definitiva, del suo marchio di fabbrica dietro al quale farà deliberatamente svaporare la sua identità autoriale. Scelta estrema dettata dalla volontà di spingersi oltre i limiti per delegare la paternità dell’opera ad altri. La scomparsa della sua firma sostituita dal logo dell’agenzia annuncia di fatto un cambio di rotta definitivo che si polarizza sulla gestione di un’agenzia di servizi sul copyright, certificando la messa al bando dell’autore dell’impresa oltre che la sua estromissione dall’autorialità in quanto tale.
Una scelta di non ritorno generata sia dall’insofferenza al sistema artistico nel suo insieme che dalla volontà di approdare alla sostanziale indipendenza nella gestione dell’immagine del prodotto artistico. Aspetto quest’ultimo che ribadisce la sua natura politica e di smascheramento delle dinamiche sottostanti al riconoscimento della proprietà intellettuale. 
Nessuno meglio di Philippe Thomas ha affrontato in maniera netta e radicale il problema dell’autorialità dei ready made in un momento storico in cui riallacciare i fili con le traiettorie indicate da Duchamp e le successive integrazioni d’area concettualista, di Broodthaers e non solo, non sembrava affatto essere un tema in cima al dibattito. E tuttavia, prima e dopo di lui, anticipazioni e influenze misurano l’importanza della questione e anche di queste riferisce la mostra al MACRO suggerendo qualche possibile itinerario intorno all’agenzia. Essendo stata pensata come un’esplorazione su Philippe Thomas e su contesti vicini, precedenti, coevi e succedanei, la mostra non è infatti un assolo. Un’anticipazione dell’agenzia è per esempio individuata nella ricerca di Christopher D’Arcangelo, artista che “sparisce” e si dissolve nel progetto LAICA As An Alternative to Museum. Si tratta di un suo progetto pubblicato nel 1978 sul numero 13 della rivista LAICA curata da Claire Copley e incentrato sul tema della sussistenza economica degli artisti e sulle forme di potere da loro esercitate. Il libretto inserito nella parte centrale della rivista era a sua firma e presentava all’inizio due pagine bianche che il lettore era invitato a strappare per poter realizzare ciò che desiderava e installare il suo risultato nello spazio espositivo omonimo LAICA (Los Angeles Institute of Contemporary Art).
 Ancora: qualche anno prima la fondazione dell’agenzia, nel 1979, l’idea di poter vendere intuizioni estetiche al pari di qualsiasi altra merce era stata lanciata dal collettivo The Offices of Fend, Fitzgibbon, Holzer, Nadin, Prince & Winters. Con sede a New York, l’impresa aveva come scopo dichiarato quello di poter offrire “lavoro socialmente utile su commissione”, predisporre quindi le condizioni affinché si potesse immaginare attraverso la consulenza artistica un nuovo rapporto con la società e la sua organizzazione. Infine, a chiudere momentaneamente il cerchio con una realtà successiva che accoglie l’eredità dell’agenzia di Thomas è la presenza in mostra di un lavoro di Claire Fontaine autodefinitasi “ready made”. Il nome, lo pseudonimo, Claire Fontaine, non corrisponde in effetti ad alcuna identità anagrafica ma è stato scelto nel 2004 dal duo di artisti Fulvia Carnevale e James Thornhill con l’intento di dar vita ad un’identità artistica “ready made”. In questa mostra a testimoniare esplicitamente dell’ascendenza da Philippe Thomas e dalla sua agenzia viene proposto un lavoro del 2015 Untitled (Pubblicità Pubblicità). In esso, pur essendo riconoscibile l’affinità con il testo della versione originale della “Storia dell’arte cerca personaggi”, l’appropriazione di Claire Fontaine vira verso una serrata critica alla supremazia maschile nella storia dell’arte e il sotto testo di promozione dell’impresa viene sostituito da queste parole: “Se sei stufa di stare a guardare le espressioni della creatività maschile tradizionale e la promozione di opere d’arte fatte e pensate per il mercato (…)Per essere un’artista oggi non hai bisogno di avere le mani d’oro, non hai bisogno di avere una particolare sensibilità per la composizione o per il colore; hai bisogno di una profondissima consapevolezza di essere viva; (…) e hai bisogno di capire che i ready made appartengono a tutti perché siamo noi stessi dei soggetti readymade finché non rompiamo questa maledizione e ci reinventiamo la vita (…)”. I personaggi   - gli artisti - richiamati dai cataloghi nell’opera originale – futuristi, pop art, Andy Warhol, Beuys, cubismo, Broodthaers e Duchamp - vengono sostituiti da artiste e dalle foto dei loro cataloghi - Lee Lozano, Guerilla Girls, Jenny Holzer, Barbara Kruger, Valie Export, Cady Noland, Martha Rosler, Elaine Sturtevant, Art and Feminism, Louise Lawler -. Un bouleversement di genere nello spirito dell’agenzia.
Seguendo l’iter di Thomas stesso, la circolarità della riflessione proposta al MACRO, avalla in definitiva l’idea di essere a cospetto della replica di quel fictionnalisme da lui stesso avviato ancora prima della nascita dell’agenzia. Quest’ultima, consentendo a chiunque di essere l’autore di un’opera, di una campagna pubblicitaria, di un’immagine, compie una rivoluzione di metodo e di finalità che, suo malgrado e certamente in maniera imprevedibile, ha anticipato e spianato la strada a quella condivisione autoriale comunitaria di cui, seppure in termini di maggiore soggettività, si questiona oggi in larga parte della ricerca artistica. 

Gennaio 2023

1) Readymades belong to everyone. Philippe Thomas declines his identity, MACRO, Roma. 28 ottobre 2022 - 5 marzo 2023.
2) Les ready made appartiennent à tout le monde, MAMCO, Ginevra, 12-10-2016/ 29-1-2017.
3) Daniel Bosser, Philippe Thomas Declines his Identity, Occasional Papers, 2015
4) Si veda: Nadine Descendre, a cura di, Génériques – Le visuel et l’écrit, svoltasi dal 15 settembre al 31 ottobre 1992 presso l’Hôtel des arts di Parigi; Yves Aupetitallot, a cura di, Espèces d’Espace. Les Années 1980 Première Partie, Cnac, Grenoble, 2008;
5) Il termine fictionnalisme rimanda ad un movimento artistico fittizio fondato da Philippe Thomas prima ancora di avviare l’esperienza dell’agenzia e che sarà inaugurato da una mostra collettiva svoltasi nel 1985 presso la galleria Claire Burrus a Parigi, Fictionnalisme: une pièce à convinction dove gli artisti che parteciperanno all’esposizione erano in realtà dei collezionisti che avevano in precedenza acquistato ciascuno un’opera di Thomas e che, stanti i dispostivi attivati dall’artista, ne erano divenuti gli autori.