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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Intervista a Giorgio de Finis a cura di Lucilla Meloni

A sei mesi dall’inaugurazione del Macro Asilo possiamo tracciare un primo bilancio. Macchina polifunzionale, il Macro Asilo di Via Nizza si è andato chiaramente configurando come uno spazio dalle molteplici aperture, volto a proporre e ad accogliere progetti. La fittissima agenda che ha visto nei mesi il susseguirsi degli atelier settimanali, degli ambienti mensili, delle proiezioni video scandite giornalmente, degli autoritratti, dei convegni, delle conferenze, delle performance, dei concerti, delle presentazioni di libri, delle “lectio magistralis”, lo ha reso un luogo “comune” nella accezione primaria del termine. Territorio condiviso dai moltissimi autori che hanno preso parte agli eventi e da un folto pubblico eterogeneo, il Macro Asilo così concepito dal suo Direttore, Giorgio de Finis, appare infatti come un progetto collettivo; peculiarità questa che lo distingue dall’essere un museo convenzionalmente inteso, per qualificarsi come qualcosa di tangente ad esso e al contempo di radicalmente diverso. 
Abbiamo incontrato Giorgio de Finis per scambiare con lui alcune riflessioni.

L.M.  Ti chiedo innanzitutto se ti ritieni soddisfatto: se cioè la messa in pratica del progetto Macro Asilo corrisponda all’idea iniziale. Ti chiedo perciò che tipo di risposta hai riscontrato, anche in termini meramente numerici.

G.d.F. Credo di potermi dire soddisfatto, anche se le questioni che questo dispositivo sperimentale mette in campo sono davvero molte e richiederanno un tempo di analisi che andrà certo oltre il termine dei 15 mesi previsti. Non si tratta, inoltre, solo di verificare se il progetto immaginato funzioni alla prova dei fatti. Quello che sarà anche interessante scoprire (per definizione imprevedibile a monte, perché si genera in corso d’opera) è la “forma” che alla fine ne risulterà e che dipende dall’intersecarsi di tutte le proposte accolte in palinsesto. Immagina che ognuno di noi sia un filo colorato… e ciascun appuntamento un nodo. La presenza dei diversi colori e il disegno che avremo tessuto tutti insieme sarà visibile solo alla fine.
Come sai non sono un amante dei numeri, che ritengo uno dei mali del nostro tempo, ma posso fornirti alcuni dati di cui dispongo, relativi ai primi sei mesi di attività. Gli accessi al museo, calcolati dal personale di servizio ai due ingressi, sono, per difetto, oltre 110 mila, e risultano costantemente in crescita.  Gli artisti ospitati da ottobre a marzo sono 550, 150 le tavole rotonde, 78 le lezioni magistrali, 65 i convegni, 151 gli autoritratti, 118 le presentazioni di libri, 72 le voci del dizionario del contemporaneo presentate nella stanza delle parole, 298 proiezioni (videoarte, cinema e documentario), 204 le performance, 96 gli artisti che hanno realizzato un’opera live negli atelier, 32 le installazioni temporanee, 104 i laboratori, 140 gli esercizi del mattino, 133 gli ospiti stranieri. Abbiamo, inoltre, prodotto 104 video, con oltre 362 mila visualizzazioni (352k Fb e 10KYt), circa 5000 fotografie, acquisito 16.200 nuovi follower (Ig+Fb+Yt+Tw). Dall’apertura, al Macro Asilo sono stati dedicati 415 articoli su testate online e cartacee e 35 speciali radio e tv.

L.M.  Il Macro Asilo è un luogo in cui si incrociano molte proposte e in cui, come è connaturato alla sua concezione, volta a dar voce a una amplissima platea di autori: “alla prima automappatura del mondo dell’arte contemporanea”, vengono ospitati eventi artistici di differente qualità.  A fronte di artisti già conosciuti, quali ad esempio Donatella Spaziani, Danilo Bucchi, Stefania Fabrizi, Pietro Ruffo, Chiara Mu, Primarosa Cesarini Sforza, Piero Mottola, Naoya Takahara, Luigi Battisti, Sukran Moral, Robert Pettena, Pasquale Polidori, Massimo Orsi, Maurizio Savini che hanno partecipato con un atelier, con un ambiente o con una performance, sarei curiosa di conoscere qual è la percentuale di artisti che hanno esposto per la prima volta il loro lavoro proprio in una di queste occasioni.

G.d.F.Macro Asilo è un progetto autoriale (sono io l’autore del dispositivo di gioco) e al tempo stesso corale (quello che avviene una volta avviato il gioco dipende dai giocatori - artisti, ricercatori, cittadini, tutti invitati a dare il loro contributo alla costruzione di questo spazio comune). Mi è stato fatto notare che uso sempre il prefisso “auto”: autocandidatura, autolegittimazione, autoritratto… potrei aggiungere anche che il meccanismo una volta rodato si autoregola, si autogestisce. Potremmo spingerci anche a dire che sperimenta forme di autogoverno, se pensiamo alla (demo)pratica dei forum e dei cantieri avviata qui da Michelangelo Pistoletto. 
Certamente il Macro Asilo è un museo inclusivo, aperto, che invita alla collaborazione e alla partecipazione, ma non si dedica al talent scouting. Né va confuso con un happening. Assomiglia più a un monastero laico del Terzo Millennio.

L.M. Appare evidente che un ruolo preminente sia affidato alla riflessione teorica sul contemporaneo, come hanno testimoniato, oltre agli approfondimenti e ai convegni su temi attuali e di natura storica, anche le numerose e importanti “Lectio Magistralis” tenutesi in questi mesi, che hanno visto la partecipazione di filosofi, sociologi, artisti, storici e critici dell’arte, direttori di musei, tra cui cito solo alcuni nomi: Massimo Cacciari, Alberto Abruzzese, Nicolas Bourriaud, Giacomo Marrameo, Michel Maffesoli, Dora Garcia, Jorge Fernandez Torres, Claudia Solaris, Peter Weibel, Tonina Matamalas e Carles G.O’.D, Jacques Rancière.
Trovo che queste proposte, in aggiunta a quanto si è dibattuto nella “Stanza delle Parole”, siano il fiore all’occhiello della programmazione, in un momento in cui è necessario tornare a interrogarsi su temi centrali, inerenti all’arte, alla politica alla filosofia, per la comprensione di questa nostra realtà così complessa e dalla fenomenologia a volte opaca.
A questo si sono accompagnati gli autoritratti degli artisti: occasioni per approfondire o conoscere le poetiche contemporanee, a cui hanno preso parte, tra i molti, Michelangelo Pistoletto, Marzia Migliora, Alberto Garutti, Lucamaleonte, David Fagioli, Antoni Muntadas, Maurizio Mochetti, Gianni Dessì, Andrea Aquilanti, Adrian Paci, Clement Cipriano, Elina Chuavet, Laura Palmieri.
Il pubblico può dunque scegliere tra una ricchissima offerta, e proprio la coesistenza nello stesso momento di più eventi (a volte fino a 4 più o meno con lo stesso orario), ha posto a mio avviso una certa criticità.  Di fronte all’obbligo di scegliere una cosa perdendone altre, non pensi che sarebbe meglio offrire forse un numero minore di eventi, oppure diluirli nel tempo in modo che possano essere seguiti più facilmente da quanti lo desiderano?

G.d.F. Credo sia assolutamente necessario puntare sulla complessità e sulla diversità quali antidoti alla semplificazione del mondo proposta dall’adozione su scala planetaria del modello basato sulla finanziarizzazione. All’arte e alla cultura (quella che produce pensieri divergenti, non quella che chiosa i codici e riproduce il già detto) spetta il compito di ripopolare il pianeta di nuove forme di vita, introducendo mutazioni capaci di controbilanciare l’omologazione e la desertificazione in atto. Gli artisti (e gli antropologi) ci ricordano che gli umani sono lontani dal corrispondere a quell’immagine caricaturale proposta dagli economisti col nome di
homo oeconomicus, tutto intento a massimizzare i profitti e minimizzare i costi. Gli esseri umani sono dediti al dispendio, al gioco, al rito, all’arte, che, ricordiamolo, è un’attività “inutile”, e per questo necessaria.
Ci sono più ragioni alla base di una offerta così ricca, in media 11 eventi al giorno (che nei primi sei mesi ha corrisposto a 1948 appuntamenti). La prima è quella di accogliere nello spazio-tempo disponibile il maggior numero di voci, immagini, riflessioni, visioni del mondo. L’ospitalità e l’apertura non possono accogliere tutto e tutti, e per quanto ci si sforzi (anche riducendo il tempo di permanenza di ciascuno) anche il Macro Asilo, come il paradiso dantesco, è a numero chiuso.
Il secondo motivo è più legato alle ragioni interne del dispositivo che vuole essere una sorta di “macchina maieutica”. Fruire del museo non venendo ad ascoltare un singolo incontro, come fosse un multisala, ma passando da una stanza all’altra, da un argomento all’altro, da una materia all’altra, da una immagine all’altra ci obbliga a scegliere, accostare, fondere, rifiutare… ci costringe ad essere attivi, a pensare, a farci delle domande. Il Macro Asilo non è un luogo di entertainment… è un posto che procura frustrazioni, ci ricorda che siamo ignoranti (e in questo modo ci regala un po’ di sapienza in più).

L.M. Come vengono documentate le manifestazioni? È prevista la pubblicazione di volumi specifici?

G.d.F. Sono disponibili sul sito le registrazioni audio e video della maggior parte degli incontri che figurano in programma. Dal mese prossimo inizieremo a pubblicare il catalogo del Macro Asilo, che abbiamo chiamato “Diario”, e che presenteremo in sedicesimi collezionabili e rilegabili a piacere (sono previsti oltre 600 fascicoli). Al termine dei 15 mesi produrremo anche un film documentario.

L.M.  Il Macro Asilo propone un modello museale alternativo a quello tradizionale e in tal senso si è inserito a pieno titolo nel dibattito internazionale sulla funzione del museo come istituzione. Hai incontrato in questo periodo progetti similari a quello romano e che tipo di interesse il Macro così concepito ha suscitato all’estero?

G.d.F. Il Macro Asilo è un museo indubbiamente originale, perché la sua teoria nasce dall’esperienza di campo, se così si può dire (quella del MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia, quello del DiF, il museo diffuso di Formello, ecc.). I musei sono divisi per fasce; al Macro ci sono le querce e i funghetti, quello che si ritrova è un ecosistema non una monocultura, il mondo dell’arte e non il sistema dell’arte.
Sono molti, tuttavia, i musei che stanno ripensando alla loro funzione e sperimentando una modalità che si possa realmente adattare alle esigenze del XXI secolo, che non è solo intrattenimento generalista globalizzato. Basta pensare allo straordinario lavoro realizzato da Cristiana Collu a La Galleria Nazionale (nome femminile di museo, come ho avuto modo di scrivere in un saggio presente in catalogo).

L.M. Un’ultima domanda: la Quadreria che è attualmente in mostra, con le opere della collezione permanente, sarà in futuro modificata con l’esposizione di altri lavori?

G.d.F. La quadreria non è una mostra, ma una sorta di manifesto visivo che dice che al Macro Asilo gli artisti sono invitati a stare insieme, senza divisioni “ospedaliere”, gli astratti da una parte i figurativi dall’altra. Fa parte del progetto allestitivo degli ambienti, delle “stanze” del Macro, che è pensato un po’ come una casa; la quadreria del salone dei forum è un esempio di ap-art, la mostra è ciò che vi avviene dentro.