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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Salvatore Mauro: un progetto per Unclosed

Con parole ed immagini l'artista ci accompagna nella sua mostra alla Galleria Civica Montevergini di Siracusa

La prima sala della Galleria Civica Montevergini ospita l’opera W Santa Lucia, in cui la scritta in led, visibile da via S. Lucia alla Badia, riproduce la frase pronunciata durante i festeggiamenti della Santa a Siracusa ogni 13 dicembre. La posizione della scritta luminosa su una base di legno giace come il corpo della Santa nell’opera Il seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio dove il pittore ritrae la Santa come una donna comune che viene uccisa sotto gli occhi della Chiesa e dello Stato. In ques'occasione è stato realizzato un altare ideale per il dipinto di Caravaggio, in cui il corpo della Santa disteso su una tavola di compensato che sorregge una struttura di ferro cubica diventa luce. Il cubo si carica di significati mistici e religiosi, indica la staticità, la permanenza e rinvia ai recinti sacri e si pone come un simbolo di definizione e delimitazione di quanto in natura è informe e caotico. Le simbologie del Quadrato e del numero quattro sono associate: Il Quattro rappresenta la perfezione divina, il mondo stabilizzato, la manifestazione completamente sviluppata. Il Quadrato e il Cubo rappresentano la perfezione terrestre, come il Cerchio e la Sfera rappresentano quella celeste; la dimensione umana è legata quindi a quella divina, come il terreste al celeste. (Fig.1).

Un lightbox pieno d’acqua sul lato destro dell’entrata contiene la foto di una donna nuda fino al busto che emana una luce neon dagli occhi. Il titolo dell’opera Luce dei miei occhi, un’espressione di uso comune e il gesto di nascondere gli occhi, creano un cortocircuito nel rapporto tra la parola e l’immagine, contenuta nel lightbox. La donna, una Santa Lucia postmoderna, reale nella sua carnalità, presenta un aspetto sacrale conferitogli dalla luce. L’elemento luce è da sempre legato a un’idea biologica e di necessità e si presenta qui nella sua molteplice valenza: può darci la vita ma in sua assenza può portarci alla morte.(Fig.2)

Il video proiettato a sinistra è realizzato in postproduzione ed è il risultato di un’ibridazione di più filmati ambientati a Roma e Siracusa che riprendono a camera fissa l’acqua che scorre. La natura si presenta intrappolata nell’opera. L’acqua è indispensabile alla sopravvivenza di tutti, è l’elemento che accomuna gli esseri viventi. Il titolo del video Intimità, suggerisce la fusione della dimensione collettiva e individuale(Fig.3).

In fondo alla sala una scritta in neon Mehr Licht, «più luce», la frase che Wolfgang Goethe pronuncia in letto di morte, lampeggia su tre light box pieni d’acqua. Ciascun lightbox contiene una foto che ritrae una donna nuda di spalle che guarda verso la luce. Qui si mostra la doppia valenza positiva e negativa della luce, che può illuminare, accecare, distrarre, oppure offrire uno spiraglio di salvezza, può mostrare il mondo ma può anche nasconderlo. La donne guardano verso la luce, ne sono avvolte, abbagliate, quasi accecate; la struttura del trittico rimanda a un significato simbolico e religioso. Il numero tre si presenta come risoluzione del concetto dualistico, rappresenta l’unità, la sintesi. I poggiagomiti di fronte ogni lightbox, di tre altezze diverse, corrispondono a tre diversi livelli di spiritualità dello spettatore e con un movimento di ascesa e discesa rappresentano la vita umana. L’artista invita il fruitore a posizionarsi di fronte all’opera per compiere una scelta attraverso un gesto, a fare una pausa per osservare e riflettere. Il materiale in cui sono realizzati i poggia gomiti, metà ferro metà in legno, rappresentano la sintesi delle due dimensioni, terrena e spirituale, che sono a confronto: dimensioni diverse, opposte, ma in scambio reciproco. Il momento della riflessione risulta disturbato da una composizione sonora in loop(Fig. 4).

Sui lati della sala, due ligthtbox posizionati l’uno di fronte all’altro, contengono delle foto che sono sviluppate in negativo, opposizione buio/luce a ruoli invertiti: il colore bianco corrisponde in realtà al nero e le scie colorate corrispondono alla luce. Qui si concepisce la vita  come una foresta in cui la luce può essere filtrata dagli alberi o in cui si può cadere nell’oscurità. Le scintille di luce emergono dallo sfondo, quasi come forme biomorfiche e diventano la guida per un percorso ignoto. Indagando il tema della vista, si ricorda che il buio esiste e che esistono diversi modi di vedere la luce(Fig. 5).

L’opera Ou la mort è collocata in una delle stanze del vecchio monastero. Le lapidi di ottone, come quelle di un funerale, riportano ognuna le parole d’ordine della rivoluzione francese; sotto di queste, sono posizionate tre mensole piene d’acqua, contrassegnate con una lastra dal simbolo X: non rinnega i valori ma stimola una riflessione. I valori della fraternità, dell’uguaglianza e della libertà sono nati? sono morti, non esistono più? Il quesito pone l’individuo di fronte a un bivio esistenziale: bisogna ottenere di nuovo questi valori in nome della libertà a costo della vita? oppure bisogna attendere l’annullamento dell’individuo stesso all’interno della società a causa della mancanza di questi valori? L’opera si presenta come un’analisi della società contemporanea attraverso l’autoritratto interiore dell’artista che pone negli otto lightbox le foto remixate del suo ecocardio, il cui suono completa l’istallazione(Fig. 6).

Nella terza sala l’opera Ave Maria racconta una storia che inizia con il ritrovamento casuale di una banconota da dieci euro sulla quale con un timbro è stampata la frase di un anonimo: “nelle cose che riguardano Dio, noi crediamo per poter capire, perché se volessimo prima capire per poi credere non riusciremmo né a credere né a comprendere.” La banconota diventa protagonista di una performance tenuta a Napoli nel 2011, in cui si sono “clonate” altre copie con lo scopo di diffondere il messaggio spirituale tramite il denaro. La banconota originale è stata reinserita nel circuito monetario, quella esposta nell’istallazione è una copia. La frase dell’anonimo si ritrova nel lightbox pieno d’acqua, mentre, un altro lightbox, anche questo con una cornice dorata, contiene la foto di una Eva contemporanea con una mela rossa sospesa, avvolta dal bianco dello sfondo. Il vinile riproduce in loop Ave Maria di Maria Callas, remixata, il cui suono cacofonico entra in contrasto con la sacralità dell’istallazione; la custodia del vinile mostra l’immagine di Dante Alighieri deturpata, con vicino una scritta w il paradiso. Questa frase scritta come se fosse uno slogan e il segno grafico W, che corrisponde a una corona stilizzata, producono una continua oscillazione di senso tra il sacro e il profano, tra la trascendenza e il mondo terreno. La ripetizione dell’elemento musicale porta a una saturazione del significato, l’intima preghiera che l’anonimo ha diffuso proponendo una riflessione sulla fede e la spiritualità che l’artista scolpisce nel lightbox, risulta disturbata dal rumore di fondo. L’opera è costituita da diversi elementi frammentati, tra cui l’inginocchiatoio le cui gambe in ferro sono instabili e questo porta l’osservatore ad un posizionamento precario e oscillante come la vita stessa (Fig. 7).

Usciti dalla terza sala ci si trova in un tunnel fatto di magliette dove è stampata la scritta W Santa Lucia con la stessa grafica di quella depositata sulla tavola di legno all’interno del cubo lasciato nella prima sala, forse una sorta di shopper come un dono offerto prima di andare via dalla mostra come fosse un souvenir museale (l’artista regala al pubblico un souvenir).

Nell’ultima stanza sono posizionati tre cubi di legno disposti paralleli e ben allineati. L’opera nasce da una rilettura dei festeggiamenti di Santa Lucia, una delle più antiche tradizioni religiose Siracusane. In questo lavoro un gruppo di persone non vedenti concretizza il volto della Santa  patrona della vista, plasmando la materia con le mani. Questa esperienza conduce i soggetti partecipanti in un processo estetico nuovo, che può far parte della vita di tutti i giorni: quello di poter vedere la luce con gli occhi interni, quelli dell’immaginazione. I materiali scelti per realizzare le sculture sono la creta e la ceramica, di tradizione siciliana. Il workshop preparatorio alla mostra è servito a sensibilizzare e valorizzare l’utilizzo manuale delle tecniche artistiche tradizionali. Il pubblico che visita la mostra viene invitato ad entrare nella stanza e a introdurre le mani all’interno dei box dentro i quali sono nascoste le sculture realizzate e può guardare l’opera solo tattilmente, potendo infatti solo toccare e non vedere, immaginando il volto di Santa Lucia allo stesso modo di un non vedente. Alterando la fruizione del pubblico, si vuole porre quest’ultimo sullo stesso piano estetico e visivo di chi ha creato, senza vedere, le opere con il volto di Santa Lucia. Accanto ai box in legno, contenenti le sculture, alcuni diffusori in cuffia permettono l’ascolto delle interviste alle persone che hanno partecipato al workshop preparatorio, sulle tematiche di luce e buio, vedere e non vedere, colori e loro sensazione. Alla fine della mostra i box che custodiscono i busti vengono aperti per rendere visibile quei volti nascosti per la durata di tutta la mostra al pubblico cittadino (Fig.8).