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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

NOw/here, la mostra di Gian Maria Tosatti al Pirelli Hangar Bicocca

Patrizia Mania
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Nella ricerca poetica di Gian Maria Tosatti ogni serie di lavori si è sempre data come il capitolo di una narrazione visiva distesa nel tempo. E nel viraggio quasi esclusivo verso la materia e la pittura cui oggi assistiamo, il nuovo inedito tassello si allinea a quella sequenza narrativa che la governa. A testimoniare questo passaggio è NOw/here, la mostra che fino al prossimo luglio occuperà il grande spazio Shed del Pirelli Hangar Bicocca (1) e che appunto riflette e constata l'approdo netto dell’artista ad una svolta in direzione della pittura. Esito, se non inaspettato neanche scontato. Memori delle sue grandi installazioni, si resta di primo acchito un po' sorpresi di fronte a questi lavori che pur non disdegnando - al contrario esaltando - l’estrema cura di relazione con lo spazio, accentrano e accentano prassi e poetica dell’universo pittorico. E di quell’universo optano per i supporti – da quelli più tradizionali della tela al ferro - e per le materie – dalla ruggine all’oro -. Ma lo spaesamento iniziale è solo impressione fugace scoprendosi repentinamente consonanze con la sua visione poetica d’insieme che qui, come già in precedenza, mostra di eludere il particolare a tutto vantaggio di una prospettiva universale di lettura della realtà.
Dunque, rispetto al prima, non una cesura ma una nuova tappa, quanto temporanea o definitiva è difficile da prevedere e forse inessenziale prefigurare. La grande installazione presentata all'ultima biennale di Venezia (2) guardava per esempio alla dismessa realtà storica del lavoro e della politica contemplandone un rifugio in una lettura poetica della memoria collettiva. Lo stesso perno della memoria/idea collettiva che si ripropone anche in queste serie e in questa installazione.
Resta che ciò che c’è di diverso è lo spostamento radicale all’hic et nunc della pittura. Un “qui e ora” che è declamato e sottolineato nel titolo dell’intera mostra oltre che in una delle due serie di opere. E, nel gioco di scrittura – NOw/here - il luogo di adesso si declina anche come nessun luogo.
Della memoria, costante vitale contrappunto nella ricerca dell’artista, si continua a trattare anche in queste opere che la interpellano nella fattispecie delle plurime fonti della storia dell’arte chiamate in causa. Il primo impatto con questi grandi pannelli è infatti con qualcosa immediatamente riconoscibile come familiare. Sono infatti immagini e strutture compositive in certo senso sedimentate nella memoria collettiva.
Ne si ha conferma in particolare nei richiami quasi testuali agli esiti compositivi dell’astrazione Informale e, dentro e oltre quei contesti, nell’esplorazione e nelle riflessioni sulla materia che rinviano a suggestioni precedenti anche più ravvicinate nel tempo. Da Kiefer, per il suo pensiero sulla materia, passando per Boetti, e per poi risalire a ritroso all'Informale e alle astrazioni avanguardiste ma anche al tonalismo di Morandi fino via via a riecheggiare brani musivi dell'oro di Bisanzio.
Quasi come in un atto di fede, a nutrirsi di queste frastagliate linee sembrano proprio le due serie di pitture che compongono questa mostra: i Ritratti, iniziati nel 2020 e conclusi nel 2022, e le recentissime tele intitolate NOw/here del 2023.
I primi sono pesanti pannelli di ferro su cui, assecondandone i depositi, si accumulano germogli di ruggine. Grumi di materia sbocciano così sulla superficie quasi a voler, nelle forme che assumono, replicare fenomeni di crescita vegetale.
Tra questi cespugli di arborea ruggine si aprono a tratti lacerti di foglie d'oro che interrompono la scabrosità dei depositi di ruggine andando ad instaurare e a scandire un dialogo tra la loro levigatezza e il ruvido corrotto coagularsi della materia ferrosa. Dunque da un lato la ruggine, degrado e corruzione del supporto ferroso, e dall'altro la sua sublimazione in oro. Transiti inequivocabilmente alchemici che esaltano la duplice e opposta vocazione a distruggersi e insieme a decantarsi e infine distillarsi nella vetta apicale dell'oro. La stessa forza motrice che vivendo nel tempo trasforma la materia mettendo a repentaglio la sua conservazione e deteriorandola in ruggine trasmuta il ferro - metallo “vile” per eccellenza - in oro, raggiungendo lungo questo solco di contraddizioni e conflitti una forma di coabitazione e di riscatto dell’una nell’altra.
Resta da chiedersi cosa ritraggano o anche di chi siano questi ritratti? Per Tosatti si tratta “di ritratti di comunità, di momenti e di un'idea collettiva” e, nelle contrapposizioni sopra rilevate, le sue parole, traslandone ed asciugandone l'essenza, si prestano a descrivere bene lo stato conflittuale perennemente in corso nella realtà. Proprio sul crinale interpretativo che Tosatti suggerisce, la dialettica proposta sembrerebbe svolgersi allora tra la compromissione con i disastri del nostro tempo e l’affioramento di lampi di luce e di speranza – affidati qui in particolare alle scaglie d'oro che vi si frappongono -.
In questa sofferta ma salvifica relazione, nient'affatto secondario è da ritenersi proprio il ruolo della luce cui da sempre l'artista assegna un posto di primo piano e che qui viene confermato sia dal coefficiente di irradiazione luminosa insito negli inserti d’oro che nella scrittura installativa che proietta negli spazi semibui della sala il profilo geometrico minimalista dei pannelli e delle strutture in tubo giunto su cui gli stessi sono assemblati e installati. È così proprio la luce in ultima istanza a disegnare con le proiezioni dei profili geometrici dei supporti lo spazio e per tale via a definirlo come luogo da abitare.
E se per la qualità delle concrezioni materiche di questa serie, i richiami sembrerebbero andare, come si proponeva, a Kiefer e più propriamente, anche per la struttura compositiva di ciascun pannello, all'Informale storico – da Burri a Tàpies e a Scialoja -, nella serie NOw/here il campo di riferimenti si specifica diversamente.
Osservando infatti da vicino queste dieci tele montate verso contro verso, di fatto oggetti plastici in sospensione, è quasi impossibile non pensare in primo luogo a Boetti e alla paziente meticolosa costruzione dei suoi lavori a biro. C’è infatti, qui come lì, la cura paziente di un costrutto lento che registra nelle impercettibili imperfezioni della fattura gli andamenti dell’esistenza. Sebbene il risultato finale possa non darne immediatamente conto è un lavoro, quasi da amanuense, che richiede tempi lunghi di realizzazione. Nella distanza percettiva, si coglie altresì il rigore di un ordito tonale, quasi morandiano, che delinea silenti paesaggi interpuntati da piccole sfere bianche che ne segnano possibili orientamenti.
Nelle campiture di Tosatti, attraverso le linee di grafite e carboncino disposte le une accanto alle altre, si configurano dunque paesaggi segnati da orizzonti alti e punteggiati da rade costellazioni di puntini luminosi che fungono da stella polare in questo mare magnum in cui ancor di più che altrove l'universale si erge sul particolare. Immagini eidetiche che ci danno insieme noi stessi e il mondo.
Proprio il processo lento ci parla anche infine di un’intimità svelata. Quella che sembrerebbe aver risposto in primis ad una necessità interiore con cui l’artista si è dapprima intrattenuto per poi farla confluire in un corpo a corpo con la materia nel registro della pittura. Che così, in qualche modo da questo punto di vista, si satura d’esperienza vissuta.
“Le mie lucine, i miei orizzonti, i miei paesaggi - dice l'artista - possono essere una cosa e un'altra, possono essere realtà diverse, tutte facenti capo a una sola verità radicale”. Paesaggi atemporali dunque che aspirano a costituire un trait d’union con chiunque, e che provano a fornire per tale via una risposta e una bussola per orientarsi.

Aprile 2023
 
1) A cura di Vicente Todolì, Gian Maria Tosatti NOw/here, 23 febbraio – 30 luglio 2023, Pirelli HangarBicocca, Milano.
2)Gian Maria Tosatti, Storia della Notte e Destino delle Comete, 2022. Installazione ambientale, site specific, Padiglione Italia, 59.Biennale di Venezia.