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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Primo Piano di Maria Colao

Simona Antonacci

L’interessante mostra curata da Daniela Lancioni a Palazzo delle Esposizioni (1), che propone un re-enactment di alcune esposizioni che hanno avuto un ruolo chiave a Roma degli ultimi decenni, fornisce lo spunto per ripensare a una delle più accreditate e coraggiose gallerie romane del periodo. Questa breve “biografia” intende ricostruirne la vicenda espositiva e dunque leggerne in controluce la missione culturale, attraverso l’analisi delle principali mostre.
Fondata e animata da Maria Colao, Primo Piano (2) si distingue per il grande credito che le viene tributato da artisti e critici: una autorevolezza costruita sul campo e dovuta soprattutto alla coerenza con la quale la galleria difende la propria linea curatoriale nel corso dei trent’anni di attività. Nata all’inizio degli anni Settanta e attiva nel corso degli anni Ottanta in una città dominata dalle istanze di ritorno alla pittura e dalla feroce corsa alla prelazione critica, la galleria Prima Piano spicca per la continuità di scelte espositive di matrice principalmente concettuale che osteggiano l’adesione a mode e ritorni neo-espressionisti.
Estranea tanto ai clamori delle mostre-evento - come fa ad esempio L’Attico di Fabio Sargentini - tanto alle velleità commerciali del mercato dell’arte - che guida le scelte di Gian Enzo Sperone - l’attività di Primo Piano può essere accostata, sia per la proposta eterodossa rispetto al sistema dominante negli anni Ottanta che per affinità nelle linee di ricerca promosse, a quella di Ugo Ferranti. Entrambi defilati rispetto alla mondanità del sistema e ai suoi fragori, sanno mantenere viva a Roma la fiamma intellettiva della ricerca concettuale, a scapito degli espedienti più remunerativi proposti dal panorama espositivo degli anni Ottanta.
Pur senza cedere alle lusinghe commerciali del sistema, infatti, Maria Colao propone al pubblico romano artisti di levatura internazionale il cui lavoro, molto spesso, viene presentato nella capitale per la prima volta. Si tratta di autori specialmente americani e inglesi, i cui nomi sono presenti sulle pagine della critica e della storia dell’arte contemporanea, piuttosto che su quelle delle riviste “accreditate”, almeno all’epoca in cui vengono proposti da Maria Colao.
La solidità dell’approccio storico-critico trova perfetta espressione nella doppia anima della galleria, le cui mostre sono supportate da un cospicuo apparato bibliografico e librario. Le parole, quelle delle opere e quelle dei libri, non hanno un ruolo sussidiario rispetto agli oggetti in mostra, ma sono parte integrante del progetto culturale di Primo Piano.
La prima sede della galleria viene inaugurata da Maria Colao nel 1972 a via della Vittoria, all’interno della zona del Tridente, con una personale dedicata a Carlo Lorenzetti. In questa prima fase di attività Primo Piano guarda agli autori italiani della pittura astratta, come Teodosio Magnoni (3), Marco Gastini (4), Nicola Carrino (5). Un’idea della linea culturale perseguita in questi anni è fornita proprio da una mostra di Carrino, intitolata Metodo di pensiero e di lavoro. Costruttivo 1/69, organismo modulare trasformabile, 60 moduli scalari cm 50 x 50 x 50. Ferro in cui l’artista presenta la serie Costruttivo Trasformabile: le opere, concepite come organismi modificabili, vengono alterate nella disposizione con l’aiuto del pubblico, in date prestabilite.
Quando nel 1983 la sede della galleria viene spostata a via Panisperna, l’interesse di Maria Colao per la ricerca internazionale di carattere minimalista e concettuale è già pienamente delineato. Il trasferimento nel quartiere Monti, meno “istituzionale” rispetto al prestigioso Tridente, corrisponde ad un alleggerimento in termini di spazio e a una radicalizzazione dell’orientamento culturale. Benché di dimensioni più piccole rispetto al precedente, nella nuova sede composta da due stanze, una larga porzione d’ambiente è dedicata proprio alla raccolta libraria, composta da cataloghi e volumi rari o commerciali, acquisiti da Maria Colao in tutto il mondo.
È in questa fase che si consolida nella programmazione di Primo Piano il sodalizio con autori nel cui lavoro la seduzione concettuale ed evocativa della parola si fonde con il carattere installativo-ambientale: artisti ai quali la galleria dedicherà più mostre nel corso di tutta la durata della sua attività, come Lawrence Weiner, Sol LeWitt, Mel Bochner.
Le opere di quest’ultimo, esposte a Primo Piano nel dicembre 1986 (6), sono frutto del lavoro realizzato dall’artista americano a Roma nei nove mesi precedenti. In questa occasione sono allestiti due quadri ad olio e due disegni. Sono opere che denunciano, seppur all’interno di una sintesi plastica, un maggiore vibrazione rispetto quelle del decennio precedente. Il suo lavoro sarà presentato ancora da Primo Piano nel 1992, affiancato a quello di Chung Eun-Mo e Sol LeWitt (7), in una esposizione che prosegue l’indagine sul rapporto tra sistemi visivi e concettuali.
Nel corso degli anni Ottanta, in una Roma in cui i nomi degli artisti di moda sembrano ripetersi frequentemente e in diversi spazi, Primo Piano ribadisce la sua indipendenza con l’importante mostra di Roman Opalka (8), nel marzo 1987. L’artista di origini polacche, a Roma per la prima volta, presenta una parte del suo lavoro più celebre, avviato nel 1965 e portato avanti con costanza per tutto il corso della vita. Un’opera “magna” la cui durata coincide proprio con quella della vita dell’artista, con una corrispondenza tra arte e vita che conferisce al lavoro una connotazione esistenziale. La galleria ospita alcuni fogli ricoperti di numeri scritti a penna e una grande tela di colore grigio chiaro riempita, come di consueto nel lavoro dell’autore, da una serie di numeri dipinti di bianco. Nella sala anche un registratore che emette una voce che, in polacco, scandisce il tempo in una infinita progressione.
Una proposta espositiva di questo tipo, situata sul crinale tra body art e ricerca concettuale, in cui la pittura è utilizzata con una modalità così radicalmente anti-simbolica e profondamente esistenziale, ribadisce la presa di posizione della galleria Primo Piano come luogo di una resistenza concettuale: una scelta di campo contrapposta alle derive pittorico figurative, più accattivanti sotto il profilo commerciale, ancora fortemente presenti a Roma in questi secondi anni Ottanta.
A ridosso del nuovo decennio la programmazione di Maria Colao vede susseguirsi mostre di carattere installativo e di implicazione spaziale. Nella stagione 1988 si susseguono autori quali John Baldessarri (9), Bernard Venet (10) e Robert Barry (11). Dopo una fase di allontanamento dalla pittura a favore di una scultura dalle valenze architettoniche, quest’ultimo torna a confrontarsi con la tela: le sue formulazioni, benché rarefatte e controllate, recuperano l’uso del colore. Nelle opere in mostra le parole, composte da caratteri in stampatello, si dipanano sopra l’immagine di un albero, elemento simbolo della forza vitale.
Presente già in una collettiva al fianco di Nicola Carrino e Gunther Uecker, in occasione della quale aveva presentato una struttura semicircolare in ferro, Venet prosegue la sua ricerca di carattere minimalista e spaziale.  Le due installazioni in mostra, un angolo e un’iperbole che occupa gran parte dello spazio espositivo, si inseriscono nell’ambiente dialogando con le sue proprietà geometriche. Le installazioni sono realizzate in metallo e verniciate al fine di neutralizzare il rischio di una seduzione materica.
L’artista olandese Carel Visser (12), noto in Italia dagli Cinquanta e Sessanta e riscoperto nel corso della Biennale di Venezia del 1987, torna ad esporre a Roma dopo oltre dieci anni,  nel 1988. Pur nella varietà di materiali utilizzati - dalle piume, alle ossa, al ferro, al vetro, al cuoio - l’artista crea degli assemblaggi composti da object trouvé che propongono un diverso ordine formale della natura. In galleria è presente una grande installazione in vimini, canapa, plexiglas intitolata Scultura per un disegno.
All’inizio del 1990 è la volta di Fred Sandback (13), artista americano che porta alle estreme conseguenze gli assunti radicali del minimalismo: nella galleria un solo filo di lana giallo tirato da un angolo all’altro nello spazio, a “suggerire” la presenza di un volume triangolare.
Nel novembre 1991 Primo Piano presenta una delle sue mostre più significative, una raccolta di opere di Gordon Matta-Clark degli anni Settanta (14) . Le fotografie documentano i suoi interventi di “incisione”, mediante enormi tagli, di strutture architettoniche preesistenti, poi distrutte, con esiti di grande potenza visiva e di qualità surreale. Dopo la morte prematura nel 1978, l’autore viene riscoperto intorno alla metà degli anni Ottanta con una serie di mostre in musei internazionali. L’esposizione organizzata da Maria Colao si inserisce in questa rete: benché il lavoro di altri autori di Anarchitecture fosse stato seguito, fin dai primi anni Settanta, anche da Ugo Ferranti (che aveva avviato una collaborazione con Matta-Clark, artista seguito da Yvon Lambert, non portato a termine a causa della morte dell’autore) questa è la prima volta in cui il lavoro dell’artista newyorchese viene presentato a Roma.
Nel corso degli anni Novanta Primo Piano prosegue nella sua attività di intercettazione di autori storici della scena internazionale. Vincitori del “Premio per la scultura” alla precedente Biennale di Venezia 1991 e ospitati all’interno del padiglione tedesco, Bernd e Hilla Becher (15)  presentano nel 1992 a Primo Piano dieci fotografie realizzate tra il 1962 e il 1989: l’inquadratura frontale con cui sono ripresi gli edifici veicola l’oggettività classificatoria che contraddistingue il lavoro concettuale della coppia, raramente disponibile per il pubblico romano, così come quello di un’altra tedesca, Hanne Darboven (16). Il suo lavoro, presentato a Primo Piano nel maggio 1992, è incentrato sulla registrazione di date e numeri attraverso un sistema da lei inventato. La sua “scrittura matematica”, composta addizionando le cifre che compongono ogni tipo di datazione, è consacrata alla struttura del tempo e della memoria, inventariate attraverso un lavoro seriale su larga scala.
Nello stesso periodo, parallelamente al coinvolgimento di autori della stagione “storica” del concettuale, Maria Colao si dimostra attenta alla promozione di artisti più giovani, appartenenti soprattutto della scena inglese e americana presentati negli anni recenti in esposizioni internazionali. Nel novembre 1989 è la volta di Grenville Davey (17), rappresentante della scena inglese proveniente dalla fucina del Goldsmith College of Arts, che lavora sugli scarti per ricreare oggetti puri. Se la prima presentazione dell’artista inglese nel 1989 è piuttosto precoce (benché sia presente nello stesso anno alla Biennale di Venezia) la successiva, nel 1993, realizzata subito dopo la vittoria del Turner Prize da parte dell’artista, sancisce un riconoscimento sul piano internazionale. In questa mostra domina una grande superficie circolare opaca che rimanda, come le altre opere in mostra, ai processi del vedere e alle facoltà dell’occhio, tema presente in chiave ironica in Twelve part eye, costituita da barre di metallo che si intrecciano, nei cui punti di congiuntura sono incollati degli occhi di plastica, rappresentazione letterale della molteplicità dei punti di vista.
Anche la presentazione del lavoro di Julian Opie (18), alla sua prima personale romana, che posiziona in modo asimmetrico due colonne all’interno del piccolo spazio della galleria,  indica lungimiranza nelle scelte espositive di Maria Colao e il suo interesse per la ricerca visiva  britannica.
Nel febbraio del 1991 un’altra esposizione dedicata all’artista svizzero Felice Varini (19): come di consueto nella sua ricerca, l’artista muove dall’individuazione di un punto di vista privilegiato, per ricreare un impianto prospettico all’interno della galleria.
L’attenzione di Primo Piano si rivolge, specialmente nel corso degli anni Novanta, ad autori italiani sia storici che emergenti. Nel maggio 1989 e poi ancora nel 1993 viene esposta la ricerca analitico-riduttiva di Paolo Masi (20): l’approccio seriale dell’autore fiorentino è compensato da una investigazione del dato materico e della plasticità delle superfici. Nel 1993 Primo Piano ospita la mostra di Cesare Pietroiusti (21)  In che cosa posso esserle utile? Secondo il progetto dell’autore, chiunque per un mese può telefonare alla galleria e chiedere all’artista di eseguire un compito, una faccenda domestica o un’altra funzione. La mostra presenta oggetti che rimandano all’attività svolta e indica il consolidamento del rapporto di stima e amicizia con l’artista del Gruppo di Piombino.
Sarà proprio Cesare Pietroiusti a prendere in carico il prezioso archivio di Primo Piano in seguito alla morte dei Maria Colao, nel 2003, evento che decreta la fine anche del progetto culturale della galleria.
La capacità di intercettare le ricerche più qualificate del panorama contemporaneo si conferma proprio in una delle mostre realizzate da Maria Colao poco prima della sua scomparsa. Si tratta la prima esposizione monografica realizzata a Roma su Olaf Nicolai (22) , ospitata nel 2001 negli spazi di Primo Piano, divenuta nel frattempo una Associazione culturale. Proprio l’artista tedesco, insieme al curatore Luca Lo Pinto, dedicherà di lì a due anni un volume alla memoria della gallerista romana, immaginando un libro d’artista (23)  concepito come una bibliografia rivisitata, in continuità con la seduzione per le parole che ha sempre caratterizzato la ricerca di Maria Colao.
È questo volume un punto d’inizio per la riscoperta di una galleria che ha tra le sue peculiarità quella di aver saputo mantenere nei ricordi e nei cuori degli “addetti ai lavori” un posto privilegiato. Un luogo d’affezione.
Luglio 2019
1) Mostre in Mostra. Roma contemporanea dagli anni Cinquanta ai Duemila/1, mostra a cura di Daniela Lancioni, Palazzo delle Esposizioni, Roma 30 maggio - 28 luglio 2019.
2) Sedi: Via Vittoria (1972-1983); Via Panisperna 203 (1983-2003). Fonti: Cesare Pietroiusti ha affidato la gestione dell’archivio della galleria Primo Piano all’Associazione milanese Connecting Culture, che lo sta inventariando. Per la storia della galleria, ancora non storicizzata, si cfr. l’articolo di Luca Lo Pinto, Galleria Primo Piano 1972-2003. In ricordo di Maria Colao, pubblicato in http://www.luxflux.org/n3/gallerie1.htm .
3) Teodosio Magnoni, galleria Primo Piano, Roma, 1972.
4) Marco Gastini, galleria Primo Piano, Roma, 1973.
5) Nicola Carrino, galleria Primo Piano, Roma, 1975.
6) Mel Bochner, galleria Primo Piano, Roma, 1986.
7) Mel Bochner, Chung Eun-Mo, Sol LeWitt, galleria Primo Piano, Roma, 1992.
8) Roman Opalka, galleria Primo Piano, Roma, 1987.
9) John Baldessarri, galleria Primo Piano, Roma, 1988.
10) Bernard Venet, galleria Primo Piano, Roma, 1988.
11) Robert Barry, galleria Primo Piano, Roma, 1988.
12) Carel Visser, galleria Primo Piano, Roma, 1988.
13) Fred Sandback, galleria Primo Piano, Roma, febbraio 1990.
14) Gordon Matta Clark, galleria Primo Piano, Roma, novembre 1991.
15) Bernd e Hilla Becher, galleria Primo Piano, Roma, 1992.
16) Hanne Darboven, galleria Primo Piano, Roma, maggio 1992.
17) Grenville Davey, galleria Primo Piano, Roma, novembre 1989.
18) Julian Opie, galleria Primo Piano, Roma, 1990.
19) Paolo Masi, galleria Primo Piano, Roma, 1989, 1993.
20) Felice Varini, galleria Primo Piano, Roma, febbraio 1991.
21) Cesare Pietroiusti, galleria Primo Piano, Roma, 1993.
22) Olaf Nicolai, galleria Primo Piano, Roma, 2001.
23) Il libro d'artista Maria Colao. A Bibliography, insieme a Conversation Pieces, viene pubblicato dalla casa editrice Walther Konig in occasione della mostra omonima, realizzata a cura