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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Alfredo Jaar in CityLife
 
Domenico ScuderoIcoPDFdownload

CityLife a Milano si arricchisce di una nuova installazione permanente, Padiglione Rosso, ad opera di Alfredo Jaar (1). L'opera inaugurata da poco non è ancora perfettamente visibile a causa del protrarsi dei lavori di giardinaggio che circondano la costruzione che è però già praticabile al suo interno. Il costrutto architettonico richiama, nel suo elemento basilare di cemento armato a forme geometriche, il circondario fitto di edifici di recente architettura. Al suo interno il padiglione cela una stanza la cui parete frontale è un'intera vetrata realizzata in cristallo blindato la cui pellicola anti sfondamento in polivinilbutirrale è di un rosso vivo. La funzione estraneante appare quindi l'elemento basilare di questo oggetto non appena lo si visiti internamente. Lo strato pellicolare rosso, infatti, oltre a determinare una schermatura della luce, particolarmente forte e squillante in questi mesi estivi, produce un notevole senso di sfocatura della visione quasi come si fosse all'interno di un gigantesco specchio di una fotocamera. Il colore rosso estremamente denso causa una parziale distorsione dello sguardo sulla panoramica esterna, immergendo il visitatore in una videoproiezione di un piano sequenza fisso in cui i movimenti naturali assumono forme slabbrate. Sostando all'interno del cubo la sensazione di estraneità della visione rispetto alla sua reale essenza risulta particolarmente osmotica nei confronti dello spettatore quasi come si guardasse una scena in slow motion di un paesaggio sconosciuto; i recenti edifici firmati dalle archistar, - le tre torri rispettivamente di Libeskind, Isozaki e Hadid, - diventano monoliti archetipici, gli alberi e le piante assumono distorsioni da immagini video fortemente lavorate in digitale e persino i movimenti di passanti alla distanza evidenziano una basilare diffrazione segnica.
Il lavoro di Jaar appena ultimato rinnova il suo forte interesse verso l'architettura radicale del razionalismo. In particolare nel pensiero che ne è alla base, tema già affrontato in Estetica della Resistenza. Casa del Fascio (2005) dedicata a Gramsci e Pasolini nell'ambito di una rivisitazione dell'ordine geometrico e funzionalista di Terragni, severo esponente del razionalismo italiano. La questione posta da Jaar nel suo rivisitare la scansione architettonica del razionalismo geometrico, rimane sullo sfondo. Il fatto che in paesi come l'Italia il razionalismo sia stato assorbito dalle ideologie reazionarie del ventennio fascista ha spostato la percezione del suo reale significato. Qui in CityLife la determinazione del luogo, in quanto contenitore di materia inerte al cui interno soltanto la ragione può spostare le sue oscillazioni verso il sentire d'una democratica condivisione d'alterità, spiega bene le intermittenze dell'interpretazione culturale.  Tema anche questo affine agli ultimi lavori di Jaar in cui è forte la riflessione sull'ambigua rilevanza dei ruoli attribuiti agli intellettuali ed agli artisti.
Le sue azioni partecipate indagano l'ordine rigoroso della geometria e della grafica e la possibilità che siano emblema di un sentire anche provocatorio rispetto alla drammaturgia dell'azione, compresa quella dell'artista. Qui nella sua ultima installazione milanese queste tematiche rimangono circoscritte alla facoltà dell'individuo di cogliere il senso conclusivo del suo esserci. Si lascia quindi allo spettatore la possibilità di considerare quanto la visione del mondo possa essere diversificata da piccoli scarti che alla distanza producono alternative dirompenti all'interpretazione. Il colore rosso che è in Jaar contenitore simbolico di diacronie visive, come in Due o tre cose che so sui mostri, presentato al Teatro Bellini di Palermo nel 2019, assume qui il compito di riqualificare tramite la distorsione la possibile alternanza da un'estetica del profitto ad un'etica della sopravvivenza individuale. Il paesaggio finanziario è qui infatti denso di nuovi segni della complessità economicista. Gli edifici nella visione schermata divengono simboli e segnali d'una aggregazione prettamente funzionale al lavoro. Attraverso la distorsione del filtro visivo, che potremmo definire contrapposto all'idea di schermo come luogo dell'oblio, l'artista  propone la realtà come scenografia eidetica che scandaglia la radice dei sogni e dell'immaginario collettivo.
Naturalmente l'impressione raccolta da chi sosti all'interno dello spazio installativo non può che essere relativa all'individuale grado di percezione e di sensibilità: ma sembra proprio questo il senso specifico dell'opera. In qualche modo l'artista sembra volerci dire che ruoli e identità non disegnano necessariamente un carattere evoluto o retrivo, semmai è la forza della riflessione intimamente individuale a costruire la percezione di una alterità possibile.
                                                                                                                               
Luglio 2022
1) Alfredo Jaar, Padiglione Rosso (2022), Parco di sculture ArtLine in CityLife, a cura di Roberto Pinto, nato dalla collaborazione fra comune di Milano e CityLife S.r.l.