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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

La comunicazione fluida della sperimentazione a Milano

Domenico ScuderoIcoPDFdownload

 
Ritratto di città, dedicato a Milano, è la proposta di Masbedo - Nicolò Masazza e Iacopo Bedogni - presso il Museo del Novecento con una installazione video sonora che parla della storia e del presente della città. Il video racconta alcuni momenti di una collaborazione artistica di Berio e Maderna e che ha visto protagonisti alcuni autori protesi verso la nuova definizione del contesto urbano e si snoda in un racconto in cui frammenti del passato e riattivazioni di questo nel presente tentano di dare una memoria ampia del contesto artistico e propositivo della Milano contemporanea.
La domanda che appare chiara, osservando le slabbrature fra le rievocazioni dei processi cumulativi dei suoni di Berio insieme a Maderna coadiuvati da Leydi e il paesaggio da cartolina della gentrificazione dell'attuale Milano, è quanto simili sperimentazioni di un'avanguardia di settant'anni fa abbiano potuto influire sulla condizione della vita cittadina. Il lavoro svolto nell'esperienza presso i laboratori e le sale della RAI di Milano dove Berio e Maderna fondano lo Studio di fonologia nel 1955 ci introducono alla sensazione forte di quanto sia germinativo il processo di intermediazione espresso in quegli anni, in quella città che ci appare adesso come un lontano grigio ricordo sbiadito. Ma quella Milano era in sé il momento forse maggiormente indicativo delle tendenze in atto nel territorio italiano che si preparava al grande boom economico e alla successiva ricostituzione del tessuto produttivo nella specialistica tendenza all'innovazione artistica e produttiva. Il suono sperimentale di Berio e Maderna, insieme ad altri esponenti dell'avanguardia musicale, implementavano un moderno sistema di partiture elettroniche fortemente sensibili, partecipava già ad una storia quale quella del futurismo di Russolo e dei suoi intonarumori, delle sue partiture geometriche mediate fra pentagramma e linearità atonale, tali da renderle quasi delle astrazioni geometriche.
Berio e Maderna furono protagonisti in quegli anni della rottura della musica strutturale in apertura a quelle tendenze aleatorie vicine al movimento Fluxus, in particolare a Cage e ai suoi paradossi zen musicali. La musica compositiva era parte propositiva di quella nuova realtà di un'avanguardia sperimentale e diffusa in cui la musica contestualizzava il proprio tempo assumendone il rumore. D'altra parte il rumore della vita quotidiana era un elemento significativo del tempo tecnologico. Già in quegli anni il frastuono del "motore" della città e del suo svolgersi funzionale assumeva una connotazione imprescindibile della sensazione uditiva; qualcosa che segnalava come la diffrazione ambientale modificasse la sensibilità individuale. Provando ad accendere un qualsiasi registratore vocale ci renderemo conto della quantità di rumori che l'orecchio umano cancella per poter relativizzare solamente quelli che corrispondono alla nostra attenzionalità; il rumore di un aeroplano che sorvola il tessuto metropolitano, sebbene sia un fragore ad alta intensità, è spesso cancellato dall'apparato uditivo, non ce ne rendiamo conto. Le ricerche sulla musica concreta si indirizzavano sulla ricostituzione di quella condizione reale in cui il problema del silenzio veniva palesemente superato dalla consapevolezza della sua inesistenza (1).
Inglobare il rumore, ricostruirlo come parte esistenziale, avveniva nel momento in cui l'arte si faceva azione, il teatro coinvolgeva lo spazio ricettivo, le delimitazioni fra tipologie artistiche erano superate, vissuto, esperienze e progetti coincidevano nelle tensioni fra Situazionismo, Fluxus e avanguardie letterarie. In questo apparente caos radicale, anni in cui Gutai segnalava l'urgenza di una ulteriore internazionalizzazione, Kaprow si apprestava a designare gli Happenings, Maciunas ordinava delle partiture per un teatro performativo, anche la scena milanese era concentrata sull'idea di una adesione radicale fra spazio esistenziale e prodotto artistico. Il significato di questo concretismo – vicino allo spazialismo di Fontana e anticipatorio del riduzionismo di Manzoni – faceva coincidere vita vissuta e musica e produceva alcuni eventi sonori trasmessi dalla sede RAI di Milano con l'idea di sincronizzare arte e vita attraverso il media tecnologico della radio. L'installazione video ambientale di Masbedo funziona allo stesso modo delle sperimentazioni fonologiche di Berio e Maderna, ovvero coniugando percezione del presente dell'astante con la memoria di frammenti del passato e interpretazioni generate da quei momenti apicali. L'opera di Masbedo ripete, quindi, ciò che è già stato fatto con gli eventi sonori sperimentati nel laboratorio delle trasmissioni radiofoniche ma alterandone il supporto tecnologico e ampliandone il contesto attraverso disseminazioni di rumori, dialoghi, delay, scena coreografica e segno grafico come negli impianti di Tel Quel (2).
In quegli anni cinquanta scabri e minimali l'insegna musicale di un'avanguardia ancora non diffusa era patrimonio internazionale, interattivo, interdisciplinare; il punto focale di Masbedo è quindi quello di rievocare questo passaggio "intermodale" della comunicazione sperimentale nell'intento di ritrarre la condizione presente della Milano contemporanea, città aperta ma anche ambigua, partecipe delle innovazioni ma sempre in bilico nella tentazione di chiudersi nella sconfitta di privilegi assodati che vedono ubiquamente ogni variazione. Le seduzioni reazionarie di questa città sono però mitigate dalla volontaria adesione ad una vocazione storico artistica che la spinge verso il futuro. Così, ad esempio, la città vetrina, rinchiusa nella selva delle "weeks" in formato turistico aziendale e animata dal pullulare di Airbnb che fomenta una continua e inesausta trasformazione della vita quotidiana desertificando i quartieri vitali, riesce comunque a valorizzare una vasta natura della sperimentazione. Si tratta di attività vicine per sintonia all'influsso ereditato dallo sguardo viennese, ovvero di una città che sebbene qualificata come vetrina del lusso e del bello si concede anche agli spazi di un underground diffuso e in pieno fermento. Diversamente dalle altre città italiane il carattere di Milano persiste nella sua energia della trasformazione, si mostra nella sua veste glamour ma si apre anche con ampi luoghi votati ad una persistente avanguardia creativa. La ricchezza della città, così come dimostra il documento video del Ritratto installato al Museo del Novecento, consiste nella disposizione di forme prime in funzione visivo uditiva, nella loro successiva propagazione e assunzione continua. Diversamente da altrove questo fluidificare le azioni dell'underground sino a farle rivivere in momenti di diffusione pubblica, riqualificando la scena creativa, è la vera risorsa storica di Milano, ovvero saper usare le pratiche sperimentali innalzandole sino alla dimensione pubblica per eventi di grande respiro. Tutto ciò appare rilevante proprio attraverso la lettura delle sperimentazioni del passato che adesso risuonano come archetipali di una dimensione che non ha mai smesso di riconfigurarsi all'interno del sistema sociale, dentro il vissuto dei quartieri, oltre la loro gentrification.
L'oggetto della ricerca di Masbedo è quindi essenziale per comprendere questa realtà della città, poiché in Milano la storia delle sue esperienze non rimane confinata nel singolo spessore esperienziale ma è poi risucchiata, anche distorcendola volontariamente, sino a farla coincidere con un'identità vitale del vissuto e del quotidiano. In Ritratto di città appare evidente che la risorsa basilare per la continua evoluzione del sentire comune avviene grazie alla funzione collante del design e della comunicazione pubblicitaria. Diversamene da altri contesti la pragmatica dell'usufruibilità di Milano passa attraverso la sostanza comunicativa che consente la continuità e la persistenza dei singoli fermenti artistici, lì dove invece in altre città la sperimentazione e le alterazioni prodotte nel contesto dell'underground si disperdono o si alienano in ragione dell'inefficacia della comunicazione. I comparti creativi vivono in ambito milanese in una continua osmosi; dalle mostre di artisti visivi prendono il via alcune nuove idee adottate dalla moda, dalle sperimentazioni in eventi performativi si riagganciano grafica e design d'ambienti che poi assumono forza espositiva in forma di arredi e nuove tendenze formali in architettura, ma in tutto questo è la primigenia forza della documentazione comunicativa e della presentazione in sistema grafico. L'idea basilare in Ritratto di città consiste quindi nella presenza della comunicazione e della documentazione di ciò che si produce, ed è il segno emblematico della cultura milanese e di ciò che la distingue da altri contesti metropolitani.
L'opera di Masbedo assume varie identità traslitterando documenti storici in performance riattualizzate in immagini della persistenza di quello spirito concreto e post-strutturalista. Nel video scorrono ritratti di un'architettura razionale che è insieme contenitore germinale; come l'edificio della Rai in Corso Sempione progettato da Giò Ponti al cui interno sono visibili le macchine musicali ideate da Alfredo Lietti, con le quali hanno realizzato performance sonore sia Berio che Maderna ma anche Nono, Cage e molti altri esponenti della sperimentazione concreta musicale di quegli anni. O anche scorci di quella “città che sale" futuristicamente verso il nostro quotidiano digitale a ricordare che la costruzione di un'identità culturale si basa sulla dinamica di oggetti primi e loro memoria (3). Lo spazio espositivo in cui risiede l'installazione video è infine un luogo ampio dal vago sentore laboratoriale. Il sistema proiettivo in moduli led componibili è inclinato rispetto alla pianta della sala e piuttosto che oscurare la finestratura ne conduce lo sguardo che media così fra ambiente esterno e presenza espositiva. Dalla grande finestra aperta sul Duomo l'identità molteplice e stratificata, ma anche compatta e unificata, della Milano metropoli contemporanea diviene così parte integrante e inscindibile di questa installazione tanto profonda e complessa quanto la stessa città che vuole rappresentare.
Ritratto di città (20/20.000Hz), progetto di MASBEDO (Iacopo Bedogni e Niccolò Massazza) a cura di Cloe Piccoli, Museo del Novecento di Milano, 10 aprile – 30 giugno 2024.

Luglio 2024
                                                                         
1) Su questo argomento è il riferimento specifico a John Cage. Cfr. Kyle Gann, Il silenzio non esiste, trad. it. Isbn, Milano, 2012 (ed. or. No Such Thing as Silence, Yale University, 2010).
2) Tel Quel era la rivista fondata nel 1960 da Philippe Sollers e Jean-Edern Hallier nell'idea di equiparare la scrittura alla vita reale, tale e quale, e in particolare nello scavalcamento dei canoni grammaticali e dogmatici delle punteggiature nell'assunzione di una scrittura che fosse in qualche modo respirabile come viva esperienza. Jacques Derrida in La disseminazione, si riferisce a Sollers in relazione alla sua scrittura volta alla rielaborazione del presente e del vivere anche attraverso le istanze decostruttive e sintagmatiche del tempo e dello spazio. "La numerazione, come la de-nominazione, fa e disfa, articola e smembra – con un solo e identico gesto – il numero e il nome, li delimita ai bordi senza tregua accostati del senza-bordo, del soprannumero, del soprannome." In Jacques Derrida, La disseminazione, trad. it. Jaca Book, Milano, 1989 (ed. or. La dissémination, Edition du Seuil, Paris, 1972), pag. 368.
3) Con "oggetti primi" si fa qui riferimento al celebre testo di George Kubler, La forma del tempo, testo che nella sua prima stesura del 1961 ci restituisce la sincronia teorica, anche in modalità saggistica, di quello spirito del tempo anticipato dalle seconde avanguardie diffuse in tutti gli ambiti creativi. Il testo di Kubler, tra l'altro, discute in modo specifico le relazioni formali fra questi oggetti primi e le successive repliche nella diffusione sistemica nei differenti ambiti della produzione artistica. Cfr. George Kubler, "Oggetti primi e repliche", in La forma del tempo, trad. it. Einaudi, Torino, 1974, pp. 50-67, (ed. or. The Shape of Time, Yale University, 1962).